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lega alla letteratura, io dirò qualche cosa de' nomi più famosi chc nel nostro secolo illustrarono le scienze economiche. Melchiorre Gioia (1767-1829) piacentino, nel Nuovo prospetto delle scienze economiche, ha più erudizione che profondità; combatte con armi poco felici alcune dottrine di Smith e di Say; ma con molto acume discorre di cose di finanza e di amministrazione. La statistica era il prediletto suo studio. Il metodo algebrico da lui tenuto nelle varie sue opere scema lettori alle stesse. Simile difetto è negli scritti di Luigi Valeriani, professore a 1 >ologna, che tratta magistralmente del valore, del prezzo, delle monete e del cambio nelle loro relazioni col diritto. Giovanni Fabbroni, toscano, difese la libertà dell'annona; Francesco Fuoco, di Napoli, vide i suoi Saggi economici lodati dalla Germania ; e Paolo Balsamo, siciliano, dalla sua cattedra in Palermo diffuse la conoscenza degli scritti dello Smith, e purgò la sua patria dalle molte istituzioni di mal intesa carità che ancora la danneggiavano. Nella stessa Sicilia Nicolò Palmieri combattè le dottrine restrittive chc vigevano nelle leggi e nelle scuole.
A Milano nel 1824 apparvero gli Annali universali di Statistica ne' quali la parte economica era trattata dal Gioia e poi dal Romagnosi, di cui parlerò a lungo più tardi. Il Romagnosi raccolse intorno a sè una pleiade di giovani ingegni, Giuseppe Ferrari, Cesare Cantù, Carlo Cattaneo, Cesare Correnti e Giuseppe Sacchi, che difesero con ardore la dottrina del libero scambio; come nel 7'iogresso di Napoli fondato nel 1832 da Lodovico Bianchini sono pregevolissimi articoli del Mela, del De Augustinis, del Durini, del P. S. Mancini, allora giovani. Pellegrino Rossi (1787-1848), di Carrara, oltre la gloria d'insigne criminalista, ebbe vanto d'insegnare l'economia nella patria di Turgot e di Say; e se non ha novità di dottrina, collo splendore delle idee alletta ad amare la scienza. Carlo Cattaneo (1801-1869) nel Politecnico trattò con senno pratico e maschio vigore di stile molte questioni circa la legislazione rurale e la libertà del commercio; ed Antonio Scialoia (1817-1877), di Procida, co' suoi Principii di economia speciale avea dato all'Italia meravigliose speranze, se le cure di Stato non lo avessero tolto alle sue pacifiche lucubrazioni.
Nel Piemonte il conte Carlo Ilarione Petitti di Roseto scrisse con molta profondità sulla beneficenza pubblica e sul lavoro de' fanciulli; il conte Michelini propose riforme nelle leggi forestali; nel Veneto Valentino Pasini, di Schio, in alcune monografie palesò profondità di concetti con pari temperanza di giudizi; c Gian Battista Zannini, di Belluno, nel suo Piano di ristaurazione economica delle provincie venete sfidò con nobile ardire la collera de' dominatori stranieri.
Devo quest'ultime notizie all'aureo volume del professore Luigi Cossa, Guida allo studio dell' economia politica, Hoepli, Milano 1878. Il Cossa è col Lamper-tico, col Messedaglia, col Minghetti, col Luzzati, col Boccardo, col Nazzari, col Bodio fra i più chiari economisti d'Italia, a' quali sovrasta il siciliano Francesco Ferrara, chc nella Biblioteca dell' Economista raccolse quanto di generale o speciale fu scritto in Europa intorno alla^ economia, con prefazioni non sai dire se più erudite o più splendide di forma. E a dolersi che il principio di lasciar fare che il Ferrara interpreta a suo modo nella scienza, non sia con pari moderazione usato da lui nelle controversie che ha più volte avuto co' suoi colleghi di studio.