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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPO IIi.
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   Si giovava talvolta dell'allegoria e dell'indovinello a coprire i suoi intendimenti: ecco come nell'almanacco il Mal di milza parla della tortura: io son regina ed abito fra gli sgherri; purgo ehi è macchiato e macchio chi non è macchiato: sono creduta necessaria per conoscere la verità, e non si crede a quello che si dice per opera mia. I robusti trovano in me salute e i deboli la rovina. Le nazioni colte non si sono servite di me: il mio impero è nato nei tempi delle tenebre: il mio dominio non è fondato sulle leggi, ma sulle opinioni di alcuni privati. Il padre suo voleva che si desse alla pratica del foro; ma quell'ammasso di leggi cavillose ed assurde, que' metodi di procedura intralciati e confusi lo annoiarono così fieramente, che per togliersi a quel supplizio si risolse di darsi al mestiere dell' armi. Nel 1759, in Vienna ottenne il grado di capitano nel reggimento Clerici. Dopo di aver nello stesso anno sostenuto il fuoco de' Prussiani in due fazioni, lodato pel suo valore dal maresciallo Daun, sentì rinascere in sè l'amore della famiglia, cosicché, finita la campagna di quell'anno, si dimise dal grado. Prima di lasciar Vienna nei primi mesi del 1760, egli scrisse il trattatello degli Elementi del commercio, chc uscì poi ne' primi numeri del Caffè.
   Tornato a Milano raccolse intorno a sè alcuni de' suoi giovani amici, fra i quali primissimo Cesare Beccaria. S'immersero nello studio della economia pubblica, e non contenti di un'arida speeulazione, si volsero a sanare le piaghe della pubblica amministrazione e gli abusi dei tribunali. Nel 1763 pubblicò colla data di Londra le Meditazioni sulla felicità, preziosa operetta, che a molti fiori d'immaginazione accoppia una profonda analisi delle umane facoltà. In essa sono memorabili queste parole, scritte ventisei anni prima della famosa Dichiarazione dei diritti dell'uomo: ormai la libertà civile dovrà; dilatarsi; rinascerà, quando che sia Vantico vigore degli animi, Vantica guerra di nazioni e non di principii, e per questo circolo passeranno in giro le nazioni europee, come le stagioni dell'anno sulla terra. Deplora nello stesso scritto che uomini forniti di maschia virtù, veduto l'avvilimento della loro specie sotto il giogo de' pochi che comandano, per odio e disprezzo si facciano misantropi, e conforta il vero saggio a cangiar l'odio in un più giusto sentimento, cli'è la compassione degli errori del popolo.
   Eletto nel 1764, senza sua inchiesta, consigliere imperiale e nello stesso anno aggregato al Consiglio supremo di Economia, il Verri ebbe aperto l'adito a conoscere tutte l'intime forze che costituiscono la vita di uno Stato. Studiò la popolazione, l'agricoltura, l'industria, il commercio, le imposte, le leggi comunali e le forme dei giudizii. Si pose, come mediatore, fra l'assoluto comando dello straniero e la servile obbedienza dell'ignava sua patria. Allora uscirono dalla sua penna i più belli articoli del Caffè; animava i compagni, suggeriva loro gli argomenti e ne rivedeva gli scritti. Nel 1764 dovendo rinnovarsi l'appalto delle dogane ai fermieri, ch'erano un branco d'avidi intraprcnditori, che pagando allo Stato cinque milioni ne succhiavano sei e mezzo dalle vene del popolo, il Verri, sfidando gli odii di que' pubblicani, levò la sua voce , che fu ascoltata dalla corte di Vienna, che vide l'util suo nel fare la giustizia.
   Ora mi tocea parlare di un suo scritto, al quale è credibile che l'Italia deva il libro più bello dei tempi moderni,' i Promessi Sposi. Era di fresco uscito nel pubblico il libro immortale del Beccaria, quando il Verri si pose a scrivere le Osservazioni sulla tortura. Frugando negli archivii dello Stato gli era venuto in mano un estratto del processo degli Untori nella peste del 1630. Tutti gli autori che ricordarono quel tristissimo avvenimento, tennero giusta la sentenza che condannava alcuni innocenti a' più orrendi supplizii ed alla perpetua maledizione dei posteri. I ragionamenti di Beccaria sulla tortura erano contradetti della Colonna infame e della tradizione popolare; il Verri venne in soecorso all'amico ed alla violata giustizia col disseppellire il tenebroso processo. Per riverenza del padre suo, ch'era giudice criminale, non diede alle stampe il suo lavoro, che vide più tardi la luce nella raccolta del Custodi; ma lotto privatamente dagli amici del-