Stai consultando: 'Storia della Letteratura Italiana Dalla metà del 700 ai giorni nostri', Giacomo Zanella

   

Pagina (74/194)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (74/194)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   72
   capo iiI.
   l'età eroica cogli asili nei palazzi de' veseovi, ne' monasteri e ne' castelli de' nobili; fu legge la parola del gentiluomo impressa nel sigillo; la scrittura non si conoseeva. Vennero le repubbliche del medio evo e dopo le repubbliche, come fu l'Impero romano, le monarchie, che chiudono il giro percorso nuovamente dalle nazioni.
   Appare dalla Scienza nuova che gli uomini hanno fatto la società; ma che sopra gli uomini veglia una Provvidenza, che volge ad un fine misterioso e lontano tutti i fini particolari che gli uomini si sono proposti. L'uomo vuole il piacere, e nasee la santità del matrimonio e della famiglia; il padre abusa della autorità sui figli e sui clienti, e sorge la città; i nobili tentano opprimere i plebei, che si sollevano e formano l'eguaglianza civile; i popoli liberi si stancano della legge e cadono sotto il potere di un monarca, che crede rafforzarsi sul trono col corrompere i sudditi, e prepara così l'invasione di un popolo più sano e robusto; le nazioni tornano alla barbarie, e da questa nasce la fenice della nuova civiltà. Alle tre età divina, eroica ed umana, corrispondono tre specie di costumi religiosi, violenti c cortesi; tre giurisprudenze, la mistica, la prudente o dotta e l'umana; c tre specie di lingue, degli dei, degli eroi e del popolo. Lo svolgersi della vita de' popoli per questi gradi è analogo all' epoca dell' individuo bambino, fanciullo, giovane, uomo e vecehio, cosicché quello che ci parrebbe incredibile in una di queste epoche dell'individuo, torna parimenti incredibile se si trovi in alcune delle dette cpochc delle nazioni. Così si dileguano le persone di Omero e di Numa, sapientissimi nell'infanzia delle loro nazioni; ed i più antichi Ercole, Teseo, Pitagora, Solonc ed Esopo non sono individui reali, ma personificazioni del loro tempo , intorno alle quali la fantasia giovanile del popolo raccolse gli atti di molti.
   Di questa superba concatenazione di fatti umani secondo il disegno di Dio niun vestigio è nel Montesquieu , che ha esaminato gli eventi senza salire alle origini di quelle forze che li creano e li distruggono. Secondo Montesquieu le varie legislazioni non sono 1' effetto di im bisogno c di un pensiero comune alla nazione in certi stadii della sua vita, ma sono l'opera di aleuni legislatori, clic o colla forza o col senno le imposero al popolo. Egli non conosce come una legge in certi tempi sia un male ed un bene in altri. Si scaglia, per esempio, contro la intolleranza religiosa. Se la detesta nei tempi moderni, bene sta ; ma nei tempi di mezzo per riordinare la società e ridurla agli umani principii predicati dal Cristianesimo, essa era , nonché necessaria, lodevole. Quel ricorrere poi sempre agli influssi del clima per ispiegarc tutte le varietà delle umane legislazioni è quasi un privar 1' uomo della sua libertà, e sottoporlo come una pianta alle vicende dell'atmosfera e delle stagioni. Non oecorre poi dire come in questo sistema il go,vcrno più superstizioso o tirannico resti pienamente giustificato.
   Il Filangieri prima di accingersi al suo grande lavoro, avea sperimentate le sue forze in uno scritto minore. I molti governi, che dal tempo dei Normanni a quel dei Borboni si erano successi nel regno di Napoli, aveano creata una legislazione tanto varia, intralciata e spesso contradditoria, che i giudiei ncll'appliearc una legge seguivano più che altro il loro beneplacito. Carlo III, per consiglio del Tanueci nel 1774, fcee un decreto che regolava l'amministrazione della giustizia e sottraeva ogni litigio all' arbitrio dei magistrati. Il Foro napoletano credette lesi i suoi privilegi e feec le sue rimostranze al re, che tenne fermo il decreto. Filangeri lo difese con un eloquentissimo scritto, che gli aperse la via alle cariche ed agli onori della corte. Quel suo primo studio gli rivelò tutti i difetti della legislazione allora in vigore; cosicché coll'ardore di un animo giovanile e fidente nelle future sorti dell'uomo si pose a scrivere La Scienza della legislazione. Fra le cure della corte serisse i primi tre libri, ma la sua indebolita salute, e le sue nozze con una egregia donzella ungherese lo persuasero a licenziarsi d'ogni cariea militare a civile, e ridursi a vivere nell'amena solitudine di Cava de' Tirreni, ove