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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192 |
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CAPO IIi.
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Franca Contea. Studia quanto sia utile e vero il corso della moneta, e rivela i danni che nascono dal suo ristagno. Tocca del lusso, delle zecche, del divieto di cstrarre la moneta; dell' origine e della natura dei banchi, con belle digressioni sui banchi di Venezia, di Amsterdam, di Londra, e sul ruinoso sistema di Law. Oonehiude con un trattato sull'interesse e sull'usura, sui debiti dello Stato, sul cambio e sull'agio delle monete. Non mancano in quest'opera magistrale alcune contraddizioni,'già notate da Melchior Gioia, quella specialmente con cui il Galiani afferma doversi dal numero degli abitanti desumer© la ricchezza di uno Stato , cosa che in altro luogo è negata. Nò ciò fa meraviglia a chi abbia studiato l'ingegno del Galiani acutissimo a scernere i lati opposti di una questione, e per conseguenza spesse volte incerto, anzi scettico nelle conclusioni. Quanto allo stile del libro, se non si accosta alla succosa brevità degli Inglesi, è ben lontano dagli ampollosi e contorti sproloquii del suo tempo. Il Foscolo nella Prolusione lo chiama elegante trattato, quantunque nelle Lezioni lo accusi di francesismo.
Dopo le leggi che governano l'umano consorzio , il Galiani si volse a studiare quelle della natura, di cui la tremenda potenza gli stava innanzi nel Vesuvio; fu il primo a raccogliere le pietre e le altre materie vulcaniche di quel monte, che illustrate d'una sua dissertazione, mandò in dono a Papa Benedetto XIV in sette casse, sopra una delle quali aveva scritto: Beatissime Pater, fac ut la-pides isti panes jiant. N'ebbe un ricco beneficio in Amalfi, le cui rendite gli diedero facoltà di maggiormente erudirsi co' viaggi. Nel 1759, ebbe un impiego nella cancelleria di Stato e nella casa del re: lo stesso anno passò segretario di ambasciata a Parigi. Qual vita vi facesse,, appare da' suoi due carteggi a Madama di Epinay ed al marchese Tanucci. Come nel centauro 1' uomo si accoppiava all'animale, nel Galiani il libertino si confondeva coll'uomo religioso e politico. Frequentava le cene del barone di Holbach, delle quali Diderot ci ha lasciato così viva pittura nelle sue lettere. Oltre i noti rinnegatori di Dio, vi sedevano madama di Epinay, con alcune treccie sparse sul collo e sulle spalle, le altre raccolte con nastro azzurro sulla fronte; madama d'Houdetot, spiritosissima dopo vuotate più tazze del vino bianco del vicino; madama di Aine, sempre gaia e ridente, e sempre alle prese col padre Hoop; madama d'Holbach, vestita di un taffetà rosso che traspariva di sotto ad una bianchissima tocca. Era una bizzarra ed eteroclita mescolanza di libertinaggio e di scienza, ove si disputava di filosofìa, di politica, di costumanze e di amori, ove il cuore umano e la natura, il tempo, lo spazio, la vita e la morte erano argomento ora di profonde osservaziuni, ora di satanico scherno. L'abate Galiani trionfava in queste mischie clamorose e brillanti: un motto felice che una sera gli uscì di bocca, fu per più giorni il discordo Ili Parigi. Si conosce ben vero quello ch'egli dice in una lettera al Tanucci, che nelle teste francesi le bagatelle fanno maggiore impressione che i serii ragionamenti. Una sera, levate le mense, dopo molti frizzi scagliati contro la Divinità, Diderot propose che si nominasse un avvocato di Dio; la scelta cadde sul Galiani, che cominciò la sua difesa press'a poco in questa maniera: un giorno a Napoli un giuocoliere alla mia presenza pose sei dadi nel bossolo, e fe' scommessa clic avrebbe tratto sei. L' ebbe al primo colpo. Io dissi : questo caso ò possibile. Vi riuscì la seconda volta, ed io dissi lo stesso. Ripose i dadi nel bossolo tre, quattro, cinque volte; e sempre sei. Sangue di bacco, esclamai io; i dadi sono falsi • ed era vero. Filosofi miei! Quando io contemplo l'ordine sempre rinascente della natura, le sue leggi immutabili, le sue rivoluzioni costanti nella loro infinita varietà, questo accidente unico, che conserva il mondo quale noi lo veggiamo, accidente, che ritorna senza fallo, malgrado mille milioni d'accidenti che potrebbero perturbarlo e distruggerlo; io sono costretto a sclamare: certo la natura, come i dadi, è falsa.
. Se le lettere a madama d'Epinay non fossero scritte in francese e non fossero qua e là macchiate di qualche tratto cinico, sarebbero uno dei più bei monumenti

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