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CAPO III.
questo stato del suo spirito. Ma due anni prima di morire scriveva nella Diceo-lina : in molti libretti ch'escono a dì nostri in Francia, veggo derisa Videa che l'uomo sia un essere socievole, e capace di virtù. L'autore dell' Ottimismo ha dipinto l'uomo come la maschera più orribile che alcun si possa imporre. Questo mi mostra che la Francia o gli autori di questi libretti siano in uno stato violento, e che a forza di pressione siano usciti dal livello della natura: perchè l'uomo non dipinge mai l'altro uomo che secondo i colori della propria fantasia. Ho dunque compassioìie de' Francesi. E però fu ben fortuna del nostro filosofo non avere toccato all'ultima vecchiaia, in cui avrebbe veduto lo strazio della diletta sua patria e grondanti i patiboli del sangue de' suoi più cari discepoli. Sia pace alle ossa del savio, che quando i filosofi francesi turbavano dal fondo l'ordine sociale e religioso, proclamò ch'egli non riconosceva altri filosofi che que' generosi che superiori alle cose terrene, sacerdoti della legge naturale, amici di Dio e degli uomini fossero i riparatori dei diritti della umanità e i liberatori della patria.
_ Pare che nella scuola dell'Intieri si concepissc il famoso libro della Moneta dell'abate Ferdinando Galiani (1728-1787). Frequentavano le radunanze del venerando fiorentino alcuni giovani, a' quali sembra ch'egli affidasse l'incarico di scrivere i suoi pensieri su quella materia. Era fra questi il Galiani che giovanissimo si era esercitato in questi studii. Di sedici anni avea letto in una accademia una bella Memoria sullo stato della moneta ai tempi della guerra di Troja; avea tradotto l'opera di Locke sul danaro e sull'interesse; e di diciotto anni si era accinto ad una storia della navigazione nel Mediterraneo, illustrando i costumi ed i commerci dei popoli chc vivono sulle coste di quel. mare. Ingegno meraviglioso c precoce^coine quello di Leopardi a cui somigliava nella deforme esilità della persona. È credibile che i compagni lasciassero l'intero lavoro al Galiani, che di vent'un anno diede in luce quo' libri sulla Moneta che stanno ancora con gloria fra i classici scritti della economia pubblica. L'avvenimento di Carlo III al trono di Napoli, per cui questa bella parte d'Italia si era cangiata di provincia spagnuola in regno indipendente,' aveva ravvivato il commercio, cosicché per l'affluenza de' forestieri si era prodigiosamente aumentato il corso della moneta. L'oro e l'argento di Spagna, di Francia, di Germania sovrabbondando avevano prodotto un ribasso nel prezzo delle derrate, ed uno sgomento nella gente inesperta e nello stesso governo. I rimedi proposti erano peggiori del male. Chi voleva una legge sul cambio; chi fissava il prezzo delle merci; chi consigliava l'alterazione delle monete ; altri suggeriva altri spedienti non meno dannosi. La pubblicazione dell'opera del Galiani fu comc una luce che dapprima abbagliò, poi rischiarò gl intelletti; e colle sane idee che diffuse e colle saggic misure che fe'prendere salvò lo Stato dall' imminente ruina. A ventun' anno non si ebbe mai gloria più meritata e più pura.
Nel principio dimostra che de' metalli, usati nelle monete, i due più nobili, l'oro c l'argento, hanno un loro naturale valore, che non dijiende dall' uso clic gli uomini ne fanno nello scambio delle merci. Parla quindi della natura ed utilità della moneta in quanto è comune misura de' prezzi, e, toccato alquanto della natura del dazio, mostra quanto torni più nocevole la soverchia che la poca stima del valore della moneta, e quale sia il giusto mezzo. Passa a dire dell'economia degli Stati in generale ed in particolare di Napoli, asserendo che la vera ricchezza è l'uomo; per cui viene a parlare dei modi con cui si accresce la popolazione. Segue a discorrere della proporzione fra il valore dei diversi metall che formano la moneta, e della proporzione fra le monete dello stesso metallo: e ragiona con molta sottigliezza sul mutamento di proporzione fra tutte le monete e prezzi delle merci. Pesa i danni e i vantaggi che il maggior prezzo della moneti', apporta al popolo ed allo Stato, mostrando come ciò tornasse utilissimo ai Itonian dopo la prima guerra punica, ed a Luigi XIV dopo i guasti della guerra per la