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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   capo in.
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   imposte. Da questo rapido cenno appare come il Genovesi abbracciasse tutta la scienza come non fecero i fisiocrati di Francia, che in quegli stessi anni cominciarono le loro pubbbeazioni. L' inganno del Genovesi è nell'avere mal compresa la natura del lavoro, eh'è sempre la stessa entità, sia che si applichi alla terra, sia chc alle arti o alla mercatura; mentre egli lo fa diverso nelle arti primarie, nelle secondarie e nel commercio. Lo Smith ebbe la gloria di ridurre tutto il complesso de' fatti economici alla semplicissima formola della produzione e della distribuzione. Prima di lui erano produttori i possessori delle terre, i coloni, i manifattori, i commercianti; lo Smith semplificando ridusse la produzione a tre fattori: lavoro, terra e capitale. Anche le idee del Genovesi sul capitale sono difettive: egli lo confonde colla moneta, e questa considera sempre come misura dei valori. Avviene quindi che egli non parli degnamente della distribuzione delle ricchezze, e però manchino in lui le dottrine sulle rendite agrarie, sui profitti c sui lavori.
   Io mi sono trattenuto più che forse non si conveniva alla natura de' mici studi, intorno a questa opera del Genovesi, che fu principio di tante salutari riforme negli ordini sociali e civili, per cui la stessa letteratura cessò di essere frivolo passatempo di oziose brigate, e divenne maestra di utili veri e di virili propositi alla nazione. Questo libro del Genovesi ò poi seritto in uno stile ben diverso da quello delle Meditazioni ; chiaro, disinvolto, se non puro, con certo calore affettuoso, che rivela quanto nobile e generosa fosse l'anima del suo autore. Non vi si parla de' pubblici mali senza che un sentimento di sdegno od una speranza di vicino rimedio si mescano al tetro racconto. Propriamente il Genovesi non volle comporre un trattato scientifico, in cui si richiede rigore e precisione di formolo; le sue furono lezioni, dettate ad una gioventù fervida, immaginosa, nella quale avea posta ogni sua fiducia de' futuri miglioramenti.
   L'Intieri assistette per qualche anno ai trionfi dell'amico. Si spense ottuagenario nel 1757, e prima di morire lasciò scritte queste nobili e consolanti parole: io parto di questa vita: ne ardirei negare che sia in me la pena di questa par -tenza ; ma che è temperata e raddolcita non solo dalla vicina speranza della beatitudine, ma ancora da un' interna inesprimibile letizia e dall' infinito contento di vedere che lascio il genere umano in assai migliore stato di quello in cui lo trovai. Il Genovesi non gli sorvisse lungo tempo. Attese negli ultimi anni alle Lettere accademiche ed alla Diceosina, ovvero Filosofia dell' onesto e del giusto, ili cui la seconda parte non uscì che dopo morto l'autore. E un ampio trattato vii etica, ove si prova che ogni proposizione di morale può essere rigorosamente dimostrata, poiché la legge morale non e che la più nobile delle leggi naturali, che governano le parti animate ed inanimate dell'universo. I capitoli sulla collisione de> doveri hanno alcune originali vedute. *
   Intanto gli veniva mancando la vita: grande della persona e di complessione robusta pativa d'una malattia di cuore fino dalla giovinezza. Ritirato nel suo romitaggio sulle falde di Capodimonte seendeva ogni giorno a dare le sue lezioni eli' egli chiamava la sua ruota di Sisifo; ne il respiro sempre più affannoso, nò l'enfiatura de' 'tedi lo distoglievano da'suoi gravi doveri. Sereno e confidente in Dio pareva scherzasse de' suoi mali. Scrivendo ad un amico sulla sua indebolita memoria e sulla mancanza del sonno, buoni segni, diceva : si marcia all'eternità ; ma con coraggio, per la scorta di un grande amico eh'è Dio. Morì nel settembre di quel 1769, in cui nacquero tanti grandi che illustrarono il secolo. I beneficii che gl'insegnamenti del Genovesi apportarono all'Italia, non si possono con certezza notare: il turbine della Rivoluzione francese passando sull'Italia travolse e quasi seppellì quelle modeste dottrine, che non istaccandosi interamente dal passato cercavano di maturare senza scosse e con lenti ma sicuri procedimenti un sicuro avvenire. Il Genovesi seguiva con occhio inquieto c sospettoso il movimento ¦ilosofico della Francia: traducendo lo Spirito delle leggi, in qualche parte palesa
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