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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPO II
   Bartolommeo Intieri. — Antonio Genovesi. — Ferdinando Galiani. — Gaetano Filangeri. — Pietro Verri. — Cesare Beccaria. — Giammaria Ortes. — Economisti moderni.
   Ho detto che gli effetti della Rivoluzione francese si palesarono nelP abolii zione delle antiche consuetudini che violavano i comuni diritti dell'uomo; e nella introduzione di leggi più semplici e più conformi alla nostra natura. Prima chc questo cangiamento si manifestasse nella letteratura, cioè prima che la parola spogliata dei vani addobbi della vecchia rettorica, cercasse nella semplicità la sua fori e bellezza, era necessario che si mutassero le condizioni_ del vivere, di cui la letteratura non è che l'immagine. La parola stessa era chiamata all' ufficio sublime di liberare la società dall'ingombro de'privilegi e de' monopolii che impedivano il suo cammino; e compiuta quest'opera, dovea, come per premio, volgersi a riformare sè stessa. Dalla Inghilterra e dalla Francia uscirono 1 primi raggi di una scienza, alla quale sono principalmente- dovute le odierne agiatezze del vivere : 1' Europa sentì eh' era tempo di deporre, come veste logora, i vecchi ordinamenti civili, sociali ed economici, che la ragione trovava ingiusti^ o dannosi, e di creare una legislazione secondo i naturali diritti e i veri bisogni dell' uomo.
   Ercole, secondo la favola, fu assunto all'Olimpo per avere liberata la terra dai leoni e'dalle idre; e per avere, deviando l'acque de' fiumi, lavate e purgate le stalle dei tiranni. Gli scrittori di politica e di economia nel secolo scorso ebbero a combattere pregiudizii radicati nella superstizione e nella ignoranza : ^ si trovarono a fronte l'avarizia e l'orgoglio della classe aristocratica, la prodigalità nelle roggie e gli enormi dispendi nelle guerre di famiglia; s'impugnarono contro loro perfino le folgori della religione; ma nè le calunnie di arrabbiati sofisti, nò le minaccie dei re, nè 1' odio delle stesse moltitudini, di cui procuravano il bene, valsero a sgomentarli; sperarono il finale trionfo della loro causa e lo ebbero. Quel che fosse l'Italia prima che le nuove dottrine economiche ne riformassero le leggi, mi piace di riferire in pochi tratti: quell'ordine di cose ci parrà lontanissimo,' tanto è strano e deforme; pure non sono ancora cento amn ch'è sparito.
   L'ufficio mio non è di dare particolare ragguaglio delle condizioni economiche, in cui per la diversa legislazione erano i diversi Stati d'Italia; mi batta di porgere un prospetto generale delle stesse. Le terre erano la più parte nelle mani dei nobili e delle corporazioni religiose, che spesso vi esercitavano il diritto che altri non potesse macinare che al loro mulino, nè cuocere che al loro forno: in qualche luogo era vietato al colono di vendere le sue merci prima che il signore avesse vendute le sue ; si dica lo stesso delle compere ; e si aggiunga che molti giorni dell' anno il colono era obbligato al servizio personale del padrone. I vincoli del feudo, del fide-commesso e della manomorta inceppavano la proprietà che stagnava da secoli e secoli nelle stesse famiglie; interi villaggi che appena possedevano le poche zolle del cimitero. Questi latifondi signorili erano il più delle volte liberi da ogni tributo al comune o allo stato; cosicché tutti i pubblici pesi ricadevano sulle spalle delle povere popolazioni, che doveano sostenerli col