capitolo quarto. — rinnovamento della lingua, ecc. 2-11
zione di farsi frate, brontola, s'adira, e quando il figlio gli comparisce dinnanzi colle vesti monacali indosso, sdegnato prorompe in questi accenti :
Ben hanno tosto questi fratacchioni, 0 fìgliuol mio, il tuo corpo vestito, Per darmi più tormento e passioni, E voi, (all'Abate) messer, l'avete acconsentito? Come egli lia'n dosso un di lor una cappa Credon che il mondo e il ciel con loro stia; Ecci nessun che sapessi dir pappa, Che siate come porci nella stia. Alla malora, tornate alla zappa, Canaglia brutta, pien d'ipocrisia. E tu (al figlio) vuoi esser come costor cieco? Va presto pe' tuoi panni e Vienne meco.
E seguita così a sfogarsi con parole da trivio , finché la bile lo fa cadere a terra svenuto. — Ma ecco il miracolo. Durante la sincope Iddio gli ha tocco il cuore, e quando si sveglia, rimane contento che il figlio abbracci la vita religiosa.
Dopo qualche tempo muore l'Abate del monastero di S. Miniato. I frati si raccolgono per eleggere il nuovo superiore, e tutti i voti s'accordano nel nominare Giovanni. Ma un tal don Roberto, che ambiva alia dignità di Abate, non avendola potuta conseguire con mezzi onesti, congiura con altri suoi confratell onde conseguirla per danaro dal vescovo di Firenze. Eccoci dunque nell' arcivescovado , dove prima che si decida la faccenda dei frati di S. Miniato assistiamo a quest'altra scena. Un capellano dice all'arcivescovo trovarsi in Corte due preti con molta brigata, e contendere per una Chiesa vacante. Uno è favoreggiato da un preteso patrono della Chiesa, l'altro è sostenuto dal popolo. Monsignore risponde al capellano:
E' mi par esser certo, o pecorone, Che quanto più ci stai, ogni di spari; (1) Chiama quei preti soli in un cantone E intendi chi di lor ha più danari, E chi ha miglior borsa avrà ragione.
Il cappellano soggiunge d'essersi già bene informato d'ogni cosa. Quegli al quale il popolo vorrebbe dare la cura
È un buon prete, ma gli è poveretto, E non potrebbe un cieco far cantare ;
l'altro, invece, ha seco un sacchetto pieno di monete che al suono sembrano ducati, ducati ch'egli offre a Monsignore. Colui, ripiglia allora il vescovo, ha ben ragion; mettigli drento. — S'agita la questione d'innanzi al vescovo. Il preteso patrono , eli'è un popolano grasso, sostiene i suoi diritti sulla Chiesa; un contadino, che fa da deputato del popolo, sorge a impugnarli e a sostenere che la Chiesa appartiene al popolo e però che al solo popolo spetta il diritto di nominare il piovano. Ma il simoniaco prelato, che ha già in cuor suo decisa la quistione, detta al cancelliere la sentenza con la quale riconosce il patronato del popolano grasso sulla Chiesa, e dichiara piovano il prete che di nascosto gli ha già dato il sacchetto delle monete. Il popolo esce mormorando, e un contadino dice agli altri,
(1) Disimpari. Inyernizzi. Il Risorgimento.
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