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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   capitolo quarto. — rinnovamento della lingua, ecc. 219
   Dio lo proteggo, e rende manifesta la sua protezione con molti prodigi. Carlo è grave, giusto, pio; il suo trono è circondato di gloria e di potenza; i suoi Paladini pieni di zelo per la fede e per l'onore del nome franco Lanno per lui una devozione senza confine. Nel canto d'Orlando l'arcivescovo Turpino, uno dei pari che circondano Carlomagno, prima che s'impegni la battaglia sale un poggio di pietra, e arringando 1 cambattenti dice loro:
   Seignurs baruns, Carles nus lassat ci. Pur nostre rei devum nus ben murir; Chrestientet aidez à sustenir.
   E Orlando nel forte del disastro di Roncisvalle, rampognato amichevolmente da Oliviero di non aver sonato l'olifante, risponde:
   Sire compainz, amis, ne 1' dire ja!
   Li emperere ki Franceis nos laissat,
   Itels XX milie en mist a une part;
   Sun escientre, n'en i out un cuard!
   Par sua seignur deit hom susfrire granz mais,
   E endurer e forz freiz et granz chalz,
   S'in deit hom perdre del sane e de la char.
   Fier de ta lance e jo de Durandal
   Ma bone espee qui li reis me dunat!
   E se jo i moere, dire poet ki l'auerat :
   Iceste espee fut à noble vassal!
   Ma colla morte di Carlomagno l'Impero si sfascia, perde il suo carattere religioso e politico, e la feudalità sfrenata e tumultuante sorge a combattere il suo capo. L'eco di quest'epoca feudale si sente nei poemi francesi della seconda classe. Il sacro Imperatore, circondato già di potenza e di gloria, è adesso diventato un debole sovrano dei tempi carolingi in lotta continua con ribelli baroni. In seguito poi coll'indebolirsi della feudalità, le tradizioni dell'epoca feudale non hanno più interesse, e Viene il giorno in cui il ciclo dei poemi carolingi si chiude per far luogo a quello dei poemi della Volpe. Ma più che tener dietro a queste trasformazioni importa allo scopo nostro accennare almeno al carattere generale dei poemi del ciclo carolingio.
   A questo proposito gli stessi eruditi francesi hanno osservato che nella loro antica poesia si rivela il difetto nell'arte di tratteggiare i caratteri dei personaggi e la tendenza dello spirito a generalizzare (1). Evidentemente la ragione di questo fatto si trova nella mancanza o nella debolezza del sentimento della vita reale. L'immaginazione del poeta, non avendo radice in questo, invece di rappresentare dei personaggi viventi, rappresentava dei tipi astratti, simulacri d'uomini vivi, o tutt'al più dei personaggi incerti, senza individualità propria e consistente, che per ciò si confondono spesso l'uno coll'altro, e scompariscono in mezzo ad un mondo fantastico d'impossibili avventure. « Se un fatto, dice Édélstand du Méril dopo aver notato che quegli antichi poeti alteravano coi loro sentimenti personali le storie che pretendevano narrare, colpiva l'immaginazione, per le difficoltà che si dovettero v n-cere, o per le conseguenze che aveva prodotte, subito esso pigliava, nella bocca del popolo, proporzioni gigantesche. Non si discorre più d' uomini ordinari, ma di eroi, che la tradizione ingrandisce a piacere con imprese impossibili. La realtà si nasconde sotto metafore, il cui vero significato s'altera assai presto; e si finisce così col dare un valore storico a figura di rettorica. Negli ultimi anni dell' XI secolo, le antiche tradizioni nazionali, non ancora dimenticate, avevano pure subito queste trasformazioni ; ma quando, divenuto più generale e più vivo il gusto della
   (1) Gaston Paris, op. cit.