CAPITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. 213
manoscritti della biblioteca di Modena (1). Se non che passando attraverso l'immaginazione del poeta bolognese la storia d'Attila quale 1' avevano creata le popolazioni italiane, oltre prendere l'andamento, il colorito e la lingua dei romanzi cavallereschi ch'erano in gran voga ai tempi dell' autore, subisce anche una grave modificazione nel suo contenuto. Nel Casola, infatti, cominciano già ad apparire quei motivi cortigiani che avranno poi cosi larga parte nei poemi cavallereschi dei secoli XV e XVI. Il poeta dice nel Proemio d'avere scritto i suoi canti cedendo alle preghiere d'un suo amico, il virtuoso Simone figlio di Paolo Bisone da Ferrara il quale ne voleva far dono al Marchese d'Este (Aldobrandino III figlio di Obizzo d' Este) oppure a suo zio Bonifacio il Barone. Coli' animo rivolto agli Estensi, nei primi nove canti egli si estende adunque molto nella narrazione ed esaltazione delle imprese di Foresto d'Este che la tradizione fece morire nella difesa d'Aquileja, come pure nel resto del Poema parla a lungo di Acarino d'Este, figlio di Foresto, accorso in Rimini assediata a vendicare la morte del padre suo, di Alfarisio, di Marcello e d'altri cavalieri estensi che la tradizione aveva mandato a combattere contro Attila. Da ciò ne seguì che col Casola si formò una lezione estense o cortigiana delle tradizioni e delle leggende intorno ad Attila, lezione in cui predominano come eroi Foresto e i suoi figli e nipoti, e che doveva un giorno servire alle ambizioni principesche ed ai fini politici di Alfonso II duca di Ferrara (2).
Ma intanto fra le popolazioni venete ed adriatiche la favolosa storia d'Attila si manteneva pili conforme a quella antica creata dalla fantasia popolare. — Nel 1472 stampossi in Venezia un libro o romanzetto popolare, diviso in trenta brevi capitoli, che sotto nome di Storia d'Attila era già stato posto a capo di talune cronache venete e che variamente rimaneggiato aveva servito d'introduzione obbligatoria alle storie di Venezia (3). Venne finalmente il giorno che il racconto prosastico delle leggendarie imprese d'Attila, servì di testo ad un poemetto in ottava rima, che i rapsodi popolari cantavano al suono di rozzo stromento d'innanzi alla folla nei dì di festa o su per le fiere (4). L' autore si fa chiamare Rocco degli Arminesi o Ari-minesi padovano; mail Prof. D'Ancona ha buone ragioni per affermare che egli non sia che qualche ignoto poeta che pose in rima il testo prosastico delle gesta d'Attila, e che conoscendo la tradizione intorno ad un tal Rocco da Rimini soldato di Gualtieri (ch'era stato il capitano de'cittadini Riminesi-accorsi alla difesa d'Aquileja), per dar fede e colore d'antichità all'opera sua, v'aggiunse il nome di Rocco. Comunque sia di ciò, ecco come il cantor popolare riassume in questo poemetto le tradizioni e le leggende intorno ad Attila.
L'Aitila Flagellum Dei è diviso in tre canti, e principia cosi:
Poiché cantando versi dolcemente
Mai non potei inchinare il duro cuore Di colei, che cotanto crudelmente M'ha consumato nel foco d'amore,
(1) Un brano di questo poema è citato dal sig. Bartoli nella prima parte della presente storia della letteratura italiana: I due primi secoli della lett. ital., cap. II, § 3, pag. 110. — Per altre indicazioni intorno al poema del Casola, vedi la Prcfaz. del sig. D'Ancona sopra citata.
(2) Tutte queste notizie sono tolte dalla Prefazione del sig. D'Ancona.
(3) Incomincia il libro di Atila el qual fu inzenerato da uno cane : Et poi domentre la madre se marido a uno barone Ama nascete: Et come el destrusse Altin e molte altre città, e in quel tempo fu principiata Venesia. — Opera impressa per maestro Gabriele de Piero et maestro Phylippo suo compagno in Venesia adì XX Zenaro MDCCO.LXX.il. — Intorno a questo libro V. D'Ancona, op. cit., pag. LXX1V-LXXVII.
(4) Attila Flagellum Bei, poemetto in ottava rima. L' edizione più antica conosciuta dal sig. D'Ancona è del 1583. V. prefaz. cit.