210 IL risorgimento.
troppo presto aveva reso alia terra la pi ima, e della seconda sarebbesi forse privato con meno prestezza che non avesse fatto delle vesti appartenenti alla sposa sepolta ».
A questi racconti in cui apparisce la realtà della vita popolare, senza prodigi nè miracoli, se ne aggiungevano altri pieni dei ricordi dell'Italia romana. — La persistenza delle ariti elle tradizioni latine in Italia è un fatto così notorio che basta orinai accennarlo soltanto. Le cronache, le leggende, la poesia del Medio Evo, le istituzioni civili e politiche dei Comuni, ne recano traccie palpabili. Molti fatti della storia politica, tutto il movimento dell'erudizione classica da noi descritto nei capitoli precedenti, furono, per molta parte, l'effetto del rivivere di queste tradizioni. La buona fiorentina dei tempi antichi
......traendo alla rocca la chioma
Favoleggiava con la sua famiglia De'Trojani, di Fiesole e di Roma (1).
Giovanni Pontano nel dialogo « Antonius » ci presenta il popolo napoletano che sta ascoltando sulla pubblica piazza un poeta popolare che narra una battaglia tra Pompeo e Sertorio (2). Gli avvenimenti del mondo romano si conservavano nella memoria popolare intrecciati a quelli del mondo cristiano. La sapienza, l'eroismo, la magnanimità, le forti e severe virtù erano cose romane; il sapiente, l'eroe, tutti coloro che erano destinati ad esercitare una grande influenza nel mondo dovevano ripetere la loro origine da Roma; Roma s'era santificata spargendo pel mondo la religione di Cristo; Roma era, infine, il ricordo nazionale d'un passato grande e glorioso. Noi ci limiteremo a far notare l'efficacia esercitata dalle antiche tradiziori latine sull'immaginativa delle plebi italiane nella formazione delle leggende intorno ad Attila, leggende che formarono la materia di un poemetto popolare pubblicato dal Prof. D'Ancona con una dotta e bella prefazione (3).
È nota la storia d'Attila. Verso la metà del secolo IV, gli Unni, dalle steppe dell'Asia, penetrarono in Europa, attraversando gli Ourali. Erano popolazioni nomadi, feroci, dal corpo tozzo, dalla testa grossissima, dalle orecchie allungate, dagli occhi picco). ed affossati, dal naso rincagnato, dal colorito bruno-giallastro. Passavano la maggior parte della lor vita a cavallo, avevano parecchie mogli, e si c'bavano di carni mortificate fra le lor coscie ed il dosso dei cavalli, oppure di radici e piante selvaggie. Dipartitisi dalle rive del Volga e del Caspio, procedettero lentamente verso il centro dell' Europa, cacciando innanzi a sè o sottomettendo e confondendo colle proprie le genti che trovarono sul loro cammino. Venuti sulle terre Danub, ine di fronte ai Goti sfasciarono l'impero di costoro, vinsero gli Ostrogoti, assalirono i Visigoti, e così ingrossati di nuovi popoli vagarono tra il Danubio e la Teyss avidi di novelle conquiste. Mancava sorgesse in mezzo a loro un uomo che colla superiorità dell'ingegno, l'energia dell' animo e il valore guerresco sapesse imporsi a questa agglomerazione di genti barbariche, raccoglierle intorno a sè, dar loro unità di scopo e condurle a nuovi destini. Un tal uomo l'ebbero verso la metà del quinto secolo in Attila loro re o capo. — Attila, dopo avere straordinariamente esteso il suo domir io, si volse dapprima verso l'Impero d'Oriente, che si salvò pagando un annuo tributo; poi con mezzo milione di guerrieri mosse a arso occidente, e devastata la Germania, piombò sulla Gallia. Ezio lo fermò a Chalons sulla Marna (451), obbligandolo a ritirarsi in Ungheria. Ma 1' anno appresso, lasciata nuovamente la sua reggia di legno sulle rive del Tibisco, ei, per l'Alpi Giulie, rovesciossi co' suoi eserciti sull'Italia. D -
(1) Parad. C. XV.
(2) V. più addietro, cap. Ili, pag. 177.
(3) Attila Fiagellum Dei, poemetto in ottava rima riprodotto dalle antiche stampe, con una prefazione del Prof. D'Ancona. Pisa, tipografia Nistri, 1864.