CAPITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. 191
trice della presa di Otranto (1480) e delle orribili barbarie commesse dall'armata turca nella espugnata città.
Così, mentre la Francia di Luigi XI, la Spagna di Ferdinando e d'Isabella, l'Inghilterra di Enrico VII e la Germania di Massimiliano I, agitate da uno sp rito nuovo attendevano con ardore sempre crescente al conseguimento dei loro scopi nazionali, preparando a sè stesse un grande avvenire politico, — noi vediamo l'Italia, vuota di coscienza politica, in preda a disastrose tendenze, mantenersi in una pace precaria, effetto della sua stessa impotenza e di un diffidente equilibrio politico. La sua vita è tutta occupata in feste splendide e nei piaceri delicati della cultura: i nomi de'suoi principi corrotti e corruttori vennero sino a noi tra le descrizioni di pompe magnifiche, esaltati da milie artisti ed eruditi, celebrati dal canto di mille poeti; è un mondo politico che muore fra gli abbaglianti splendori dell'intelligenza.
Questo fatto ti colpisce, più che altrove, in Firenze durante il dominio di Lorenzo dei Medici. — Noi vedemmo già in qual modo Cosimo il Vecchio elevasse la sovranicà della propria famiglia sulle rovine della libertà fiorentina. L' opera del Padre della patria fu continuata da Piero suo figlio, ma perchè questi mancava dell'abilità politica all'uopo necessaria, alla sua morte, la preponderanza della famiglia Medie, in Firenze era tutt'altro che incontestata e sicura. Il giovane Lorenzo dei Medici però entrava nella vita politica (egli aveva ventidue anni quando successe a Piero) fornito di tutte le doti che nelle condizioni d'allora valevano a rinfrancare un vacillante potere e a circondarlo di prestigio. Giovinetto, egli aveva vissuto cogli uomini più dotti e coi più grandi artisti che frequentavano le case dell'avolo suo. Gentile da Urbino gli era stato precettore, il Landino lo aveva istruito nelle lettere latine, l'Argiropulo nelle greche e nella filosofia aristotelica, Mars»'io Ficino nella filosofia platonica. Ricco della cultura de' suoi tempi, d'ingegno grande, con un gusto squisito per la poesia e per le arti, valente poeta egli stesso, Lorenzo per questo lato possedeva più che non si richiedesse a dominare una società che sovra ogni altra co&a stimava la potenza della mente e le opere della cultura. Però egli sali ben presto in gran fama, e il suo nome si associò a quanto di bello e di grande produsse allora lo spirito italiano. D'altra parte, l'educazione politica ricevuta nella corte di Cosimo, lo aveva mirabilmente disposto a diventare il perfezionatore di quella sottilissima arte di governo con cui l'avolo suo aveva saputo addormentare il popolo fiorentino e maneggiarlo abilmente, secondandolo nel suo carattere e nelle sue tendenze. Di mente vasta, perspicace, astmta, egli poteva d'un tratto abbracciare uno stato assai complesso di cose, e nelle difficoltà trarsi d'impaccio con sottili ritrovati; cristiano e platonico di nome, nella realtà indifferente alla religione e alla morale, poteva mirar dritto al suo scopo senza inquietudini nè religiose, nè morali; pronto e fermo nel volere, d'indole tirannica, crudele verso contro chi osasse opporsi a' suoi disegni, sapeva tuttavia coll'affabilità delle maniere, colla splendida protezione accordata alle scienze e alle arti, parere un' anima grande e generosa, o, come fu di poi chiamato, il Magnifico. Niuno più di lui seppe comprendere il popolo fiorentino, niuno più di lui era disposto ad immedesimarsi colle abitudini e coi gusti de' suoi concittadini. Lorenzo, infatti, diventò la vivente rappresentazione dei fiorentini del suo tempo. La versatilità del suo talento era straordinaria. Sotto l'abito del principe c'era in lui il borghese toscano, colto, vivacissimo d'ingegno, compagnevole, motteggiatore, faceto. Benché spiacente di viso, aveva nelle sue maniere quanto di più elegante si poteva immaginare dalla elegantissima società che lo circondava.
Esercitato nella lotta, nel nuoto, nella caccia, nel torneo, in tutti questi esercizi spiccava per forza e destrezza del corpo. La sua conversazione piena di brio, di vivacità e di affabilità ispirava la confidenza; l'eloquenza e la dottrina de'suoi discorsi affascinava tutti quelli che lo avvicinavano. In mezzo ad un popolo d' artisti innamorati della bella forma e indifferenti al contenuto, egli sapeva con egual gra-