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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 177
   d'uomini nè vivi nè morti, ignota finora ai naturalisti. Fuggii quel gregge di larve e mi recai a Roma. Qui, venuto alla Fiora in cerca del sapiente, altro non vidi fuorché taverne, ruffiani e gente da bordello. Passai al Laterano, e vi trovai cuochi ed osterie; girai di qua e di là, e m'incontrai 111 persone appartenenti a classi diverse, che tutte mi sembrarono dedite al ventre. Vagando così per la città, a stento io sfuggiva dalle man delle cortigiane e al pericolo di rimaner pestato dalle mule dei sacerdoti. Un giorno, mentre io me n'andava in traccia di quei secerdoti, la cui bona fama m'aveva colp.to, ecco farmisi incontro un letterato che mi regala un pugno perchè ragionando con altri e venendomi detto: odo illic marccscere homincs, la mia frase era, secondo 11», grammaticalmente sbagliata.... — In Gaeta, seppi di molte donne del popolo viventi in adultera dimestichezza coi frati; di guisa che, vedendo io, poco dopo, *ulla riva del mare quei mariti ingannati che mettevano da bandala parte migliore della loro pesca per farne dono ai conventi, mactipietatem, dissi tra me, adulteros tam delicate qui pascitis. A Sessa vidi farrnisi ncontro uno stuolo giulivo di giovani donne, parte spose, parte zitelle, recanti cesti di frutta, e una femmina* specie di dottoressa educata da un teologo suo amante, esortommi a famiglia-rizzar con esse, avvertendomi che in Sessa la repubblica di Platone, se in teoria non era da tutti approvata, era però da tutti realizzata nella pratica della vita.... — Ma ecco Napoli dove ti colpisce la calma epicurea del popolo e dei dotti, proprio nel tempo stesso in cui le pretensioni dinastiche di Giovanni d'Angiò e la congiura dei Baror-'' sconvolgevano il reame. Egl è che il popolo, abbandonato alla propria superstiziosa ignoranza, non partecipava alla vita politica e i dotti indifferenti ad ogni scopo politico, se la passavano tranquillamente in geniali convegni, ragionando di erudizione e facendo vers latini, mantenendosi n pace coi Baroni che congiuravano contro Ferdinando, e godendo la protezione ed i favori di Ferdinando che tradiva e faceva strozzare i Baroni. — ìsq[Y Antonius, vedi il luogo detto Porticus Antiniana, dove i, Panorrnita soleva raccogliere suoi amici a disputare; ved il Panorrnita stesso che g,i si reca pel primo dalla sua vicina casa, e che mentre aspetta gli amici, o come diceva lui, che si raccolga il Senato, scherza coi passanti e canticchia sotto voce; vedi gì- accademici raccolti che ragionano, discutono e recitano versi latini; vedi i letterati che si bisticciano per Cicerone o Quintil. ano ; vedi il Pontano Iona et recta statura, fronte lata, calvo capite, superciliis demis-sioribus, acuto naso, glaucis oculis, producta cervice, ore modico, colore rufo, che zoppica perche si ruppe una gamba presso Capua; senti Lucio, figliuoletto del Pontano, raccontar che in casa stanno bisticciandosi babbo e mamma, perchè questa è gelosa ed lia confessato al prete, insieme ai propri peccati, anche le molte infedeltà di suo mai ito; vedi infine la piazza d Napoli piena di popolo, e un poeta preceduto da un trombetto, che sale un poggio e narra in versi ai popolani che gli stanno d'intorno una battaglia tra Pompeo e Sirtorio, mettendo ogni tanto alla bocca un fiasco di vino.
   Anche la vita scientifica ed artistica dell'Accademia napolitana è ritratta nei dialoghi del Pontano. — In quei convegni di dotti, dove il Pontano e il Sannazaro tenevano il primato per la loro erudizione e la loro facondia, si discuteva alla socratica di filosofìa, e si recitavano poesie latine tali, per cui, dice il Tiraboschi, potevasi dire rinato il bel secolo d'Augusto. La cultura dell'Accademia, nella sua estensione, abbraccia il mondo materiale e morale, e si presenta esteriormente in eleganti forme latine. Tuttavia, studiandola, si scorge subito il carattere astratto e formale che la distingue. Il suo contenuto è ancora per la massima parte un dato dell'antichità dottamente commentato ed illustrato, artisticamente esposto in versi o 'n prosa, ma da esso non traspare niun nuovo e grande scopo religioso o politico; la cultura vi è per la cultura, e gli sforzi degli scrittori sono evidentemente rivolti più alla forma che al contenuto. Egli è che la coscienza di quei dotti era indifferente, alla religione e alla politica, e dell'antichità, che tutta l'aveva occupata, non poteva riprodurre che il meccanismo esteriore. Perciò le riunioni del-
   Invekmzzi. — Il Risorgimento.
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