Stai consultando: 'Storia Letteraria d'Italia Il Risorgimento', Giosia Invernizzi

   

Pagina (188/380)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (188/380)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   176 IL RISORGIMENTO.
   coronati dì fiori quasi amantes adulescentuli. Entrati in chiesa, appendono ad una trave dei soffitto un porcello vivo, stridente, ben bene insaponato, e i contadini invitati al giuoco tentano di afferrarlo, in mezzo ad una folla, che applaude, fischia, grida, urla, a seconda dei tentativi bene o male 1 iusciti. Nè si cessa se non quando ad uno di quei contadini vidii fatto d'impadronirsi del mal capitato animale (1). — Ma perchè i sacerdoti ed i pontefici non s. oppongono ai progressi di siffatte su-perstiz'om'? Ninno v'ha che sia meno di loro sollecito della vera religione. Loro cura è ampliare rem Jamiliarem, congerere pecuniam atque in saginandis corpo-ribus applicari. E qu il Pontano fa sonare ridendo la sferza sopra il clericato dei temp: di Sisto IV e di Alessandro VI. — Nel dialogo Charon, la scena si apre con Minosse, Eaco e Caronte, che seduti sulla riva dei fiume d'inferno, ingannano l'ozio ragionando fra loro de. viz; degl:1 uomini. Ad un tratto però sulla riva opposta apparisce Mercurio con alcune anime, e Caronte va col suo navicello a tragittarle.
   Sono pirat d'ogni paese, ruffiani. e usurai tra cui un cardinale ed un patriarca di Aquileja, che Mercurio fa bollare come tutti gli altri con un ferro rovente. «Questi, dice Mercurio a Pi ricalco, perditissimi fuere socerdotum omnium e bada che il ferro sia bene arroventato ». — « Chi mai mosse e per qual ragione, la guerra che or fa scendere tante anime all'inferno'? » — chiede Minosse in un altro luogo del Caronte. — « I sacerdoti, gli risponde Mercurio, per cupidigia di ampliare .1 regno: costoro verbis pacem, caeterum rebus bcllvm pettini». — Ma ecco l'arime che s. presentano a Caronte per essere tragittate, e che gli danno contezza deli esser loro. La pruna è una cortigiana di Roma, la quale racconta come s vendesse al cardinale che l'accompagna, uom vecchio dalla bocca sformata e ' brinosissimo. Segue un frate che per ingannar meglio il prossimo cangiava d'ordine religioso ogni giorno.— « Die, dic'egli a Caronte, mulieres audiebam peccata con-fitentcs, nocte graecabar in ganeis, e il denaro per questo mi veniva dalla frode e dal '.urto; dccipiebam mulieres, surripiebam snera ». — Viene poi un vescovo che consumò l censo della propria chiesa, e fece l'usuraio per procurarsi 1 piaceri della tavola, e mantener concubine, e corromper donne maritate. Si presenta, infine, una giovinetta col volto dimesso e coll'aspetto pudibondo, la quale piangendo descrive a Caronte l'arti nfami adoperate da un suo vecchio confessore per sedurla e tradirla.
   Chi volesse poi avere sott'occhio la vita privata e pubblica che s menava in Italia e specialmente in Napoli, legga il dialogo .ntitolato « Anionius ». lv. egl' si troverà in presenza d'un popolo, in cui l'ignoranza è cosi grande come la superstizione, e la corruzione morale così profonda come la religiosa. La libertà politica è perduta, e parlar dei principi sórti sulle rovine de'le repubbliche, già soiis tutum non est, dice Mercurio a Caronte. Quale generazione è succeduta a quella che s'agitava un tempo sulle piazze, nei consìgli, sui campi d battaglia flf feconde lotte civili e politiche? — Uno degli interlocutori narra un viaggio da lui fatto in Italia in cerca dei sapiente Fui a Siena, egli dice, e in quella città famosa per istudii e per antichità mi trovai fra un popolo governato da fanciulli; andai a Pisa, e vidi tutti dediti alla pelle e non al cuore, quan enim cor datum apud eos invenie s, qui domesticas ob seditiones, civiliaque odia tantum, tam brevi, rempubli-cam amisere? I)a Prato scappai subito, perche giuntovi in giorno festivo, trovai e cittadini e terazzani e forestieri intenti ad una cultura della Vergine Madre. In Firenze mi colpi una cosa: in ogni casa vidi appesa una stadera, e vidi : magistrati usarne due. e pesar con una le cose della città, coll'altra quelle d'Ita.ia. In Bologna, di sapienti vivi non ne trovai alcuno, morti però ne trovai molti, eosque in catcnis habitos. Alle città della Gallia citeriore diedi appena un'occhiata, perchè servendo esse a tiranni invano vi avre cercato sapienti. Partito da Genova, dove gl: uomini sono più variabili e mutabili della stagione, trovai a Talamone una razza
   (1) Charon, dialogus!