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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 191
   Le opere d'arte del Fontano consistono in cinque dialogh misti di prosa e di poesia: Charon, Antonzus, Act.ius, Aegidius, Asimis, e .n molte poesie latine di cui ecco i titoli: Lepidina, Amorwn due libri, Tumulorum due libri, Bajarum due libri, De amore coniugali, De laudibus divini*, Versus j ambici et lyrici e un poemetto Eridamis in due canti.
   Nei dialoghi, il Pontano disegna a gran tratti la società religiosa, cu ile e letteraria in mezzo alla quale egli vive. OrPinterlocutor sono per lo più dotti appartenenti all'Accademia napolitana, che si trovano raccolti a discutere sopra materie filosofiche, letterarie e di erudizione, e che alle discussioni aggiungono racconti di avvenimenti contemporanei, considerazioni sulla vita delle diverse class; sociali, pitture vivissime di costumi dei tempi loro, in forme, mirabili per la sveltezza, con cui il latino è maneggiato, ma che talvolta ti offendono per la loro soverchia licenziosità. Il solo dialogo intitolato il Caronte ha per iscena 1' nferno classico e per interlocutori Minosse, Mercurio, Eaco, Caronte e l'anime che vanno per essere tragittate al di là dell'Acheronte. Del resto, in tutti i dialoghi la ^ ita del secolo apparisce nella sua nuda e scabra realtà. Il Pontano ti apre anche l'uscio della propria casa e ti lascia vedere com'ei vivesse colla mogi e e coi figli, e sulla sua poco edificante condotta morale, coinè su quella della società che lo circonda, spande un lungo sorriso d'ironia e d'indifferenza.
   Ma contempliamo anche noi per poco la società ita'iana ritratta in quest' dialoghi. Innanzi tutto ti colpisce la sua vita religiosa. L'ingenua e profonda fede, la semplicità dei costumi e l'innocenza della vita, sono scomparse cosi nei sacerdozio, dai papa all'ultimo dei frati, come in tutte le classi della società, dal barone all'uomo del volgo. La religione dei dotti non è più quella della chiesa cattolica. Essi la guardano con fredda indifferenza, e ridono dei frati, dei teologi e di quella turba infinita di plebe che crede agli atti e alle parole di costoro I componenti l'Accademia napolitana, introdotti dal Fontano nei suoi dialughi i cordano spesso il sorriso e i motti pungenti di Antonio Panormita quando si parlava di teologi e di teologia « Sai, dice uno di questi interlocutori nell'Antonius, sai che cosa pensava Antonio di questi teologi1? optime cum ipsis agi quod in claustris atque in solitudine vivant, quod plebecula vanas eorum disputationes non inlelligit: fore enim si in pubblico vitam agerent, si eorum dissertiones notae valgo essenf, idi sutores formulis, ferrarij malleolis, indusiarii forfic.ibus insectarentur. Frimum quod minime caste agant vitam, deinde quod inanissimis de rebus ad insaniam disse runt ». — Quand'io conobbi Dìo, dice un altro nel Caronte, chiusi g) orecchi alle menzogne dei sacerdoti». —Per la maggior parte degl- uomini colti la religione era diventata un'impostura, un'arte per tenere soggette le moltitudini « Io usava al tempio, dice ancora il ciotto introdotto a ragionare nel Caronte, ma quando s'incominciavano gli uffizJ divini me ne andava subito ». — An ignoras, fa dire il Pontano al Sannazaro nel dialogo che dal nome accademico di questi s'intitola Ac-tius, an ignoras sacerdotibus dumtaocat et deorum ministris licere fasque esse venalem coelum facere ? » — Però contenti di una cotal loro religione, che voleva essere scientifica e non era che astratta, non si curavano, o se ne curavano soltanto per i.derne, di quell'altra, che intanto nelle plebi era tralignata in una grossolana superstizione e rendeva ridicola la divinità ed infelici gli uomini. — Il recarsi a piedi nudi al tempio, può giovar forse al medico, ma di certo non può tornare nè ad ufi ità nè ad onore di Dio. Eppure guardate quanta e quale superstizione! Eccovi femminette che pregano Dio perchè guarisca la pipita della loro gallina, uomini che lo prendono per maniscalco, sollecitando la sua bontà pel loro cavallo che s'è tòrto un piede* eccovi altari a cu: sono appesi e mani e braccia e gambe e fin anco parti oscene del corpo ; eccovi gente che per festeggiar S. Martino si fa ubbriaca fradicia, e plaude al Santo e ne asperge di vino la statua se il giorno è bello e sereno, lo svilaneggia invece, e insudicia se è piovoso. Eccovi la festa del porcello che si fa in Napoli. E un giorno di maggio, e i preti vanno in volta per la città