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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 173
   Dalla certezza o dall'opinione delle cose utili e buone, nasce spontaneamente quello stimolo a cercarle che genera la fiducia; dalla certezza o dall'opinione delle cose nocive nasce sponteneamente quel certo terrore che c'induce a fuggirle, e che vnn da noi chiamato il timore. Ora, la Fortezza non consiste nello sprezzo del timore e della fiducia, passioni provvidamente in no. poste dalla natura, ma in quella giusta misura che mitiga l'uno e modera l'altra (1).
   Questo principio caratterizza la liberalità, la magnanimità, la magnificenza, tutte insomma le umane virtù, e deve dominare fin ne conviti (2).
   Il discorso anch'esso ha suoi vizii e sue v .rt.ii, ed è governato dalla legge della giusta misura « Censemur igitar rerum nostrorum omnium, non in agendo so-lum, verumetiam in loquendo, explicandisque in sententiis ac consiliis, mentis denique atque animi conceptis, sive seriis, sive jncosis, medionritatem esse judicem. Quam, qui sequantur, fi iti dicendo et in agendo cum delectu rationem retineant, ipsaqve cum ratione modum ac mensura, sive sermo ipse gravis sit atque austerus, sive jucundus et comis, autj in fesiivitatem deflcctat aut in severilatcm (3).
   Nè possono sottrarsi a questa legge la poesnt l'arte, l'industria. L'opera dell'artefice si dice massimamente perfetta quando è fatta con misura tale che nulla vi si possa aggiungere o levare. Gli scultori e gl; architetti senza l'armonia delle parti non fanno opere lodevoli; s lodano quelli scrittori che sanno tenersi tra i due estremi dell'wsofcws e del turgidum, dell Immite e dell' abjectum. Che più? I fenomeni stessi della natura sono governati dalla legge del giusto mezzo: quid quod Physicìs quoque 'placet ab uno ad alterum extremum, nisi per medium, aditum esse nuilum (4).
   Come la legge regolatrice della vita morale dell'individuo e della società sorge dallo studio dell'uomo e della natura (anche secondo gl insegnamenti degli antichi moralisti), cosi la felicità, scopo ultimo delle umane azioni, è conseguibile anche nei limiti della vita terrena. — L'uomo bene ordinato, che ben vive, che vive, cioè, secondo le norme della ragione, anche innanzi il termine della sua carriera mortale, prova quella pace interiore, quel tranquillo godimento dell'amino, che si chiama felicità, alla quale, come cristiano ch'egl. è, s'aggiunge, poi, la speranza di poterla eternamente godere anche nell'altra vita (5). L'uomo che ha sviluppato tutte le forze in lui poste da natura, che ha operato secondo le norme della giustizia e dell'onestà come figlio, come padre, come cittadino, come magistrato, come soldato, un giorno, sottraendosi alla tempesta della vita pubblica, cercando nella solitudine e fra gli studii il riposo e la pace, potrà innanzi di morire gustare la felicità. — La natura ha dunque
   (1) Pontano, De Fortitudine, Lib. 1 Cap. 1 e 2.
   (2) Vedi i trattati: De Liber alitate, De Magni fi eenti a, De Mag rianimi tat e, De fortuna, De conviventia.
   (3) Pontano, De Sermone, Lib. 1, Cap. 5. — Nei libri che il Pontano intitolò: De Sermone, si pai-la dei pregi e dei difetti del Discorso non oratorio e poetico, ma di quello che ad relaxationem animorum pertinet atque ad eas quae facetiae dicuntur, idest ad civilern quandam urbanamque consuetudinem , domesticosque conventos ìiominum inter ipsos, non utilitatis tantum grafia convenientum, sed jucunditatis re focillationi-sque o, labore ac molestiis (De Sermone, praefatio). Il Pontano segue poi a parlare dello vario specie di parlatori lepidi, urbani, lascivi, adulatori, insulsi, litigiosi ecc. non che dei pregi e difetti dei loro discorsi.
   (1) De Fortitudine, I 4.
   (5) Quocirca, bene, exacte, vere atque enucleate ab Aristotele, phUosophantium omnium consumai issimo viro, definitum est, felicitateci mentis esse affectionem secunium virtutem perfecram atque in vita perfecta cum perfunctione videlicet ante actae vitae cognitioneque divìnarum atque humanaruin rerum, eorumque fruitione omnium. Et quo-niam Christiani ips sumus, cum spe etiam coelestìs vitae, qua ipsìs quoque cum coe-lestibus, aevo sit fruendum sempiterno. (Pontano, De Prudentia, I. 32).