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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO. — SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 161
   si agitava una nuova vita. « Le lettere, scriveva il ricino a Paolo Mildeburgo, rinascono, le arti, la filosofìa, l'eloquenza e la sapienza si danno la mano ; ed ecco che la Germania inventa il mezzo di moltiplicare e perpetuare i tesori della letteratura : non è questo il secol d'oro che ritorna1? » (1) — Tutto questo lavoro intellettuale non passò senza lasciare profonde traccie nello spirito umano.
   E per vero, qualunque sia il giudizio che si voglia portare sul Ficino, sul Pico, sul Poliziano, qualunque sieno i loro difetti, essi resteranno sempre i nunzi, i precursori d' una nuova èra del pensiero, e le loro opere saranno il monumento di questo fatto. Indebolita, o svanita, la fede nel principio unificatore della vita scientifica del Medio Evo, ridestata la fiducia nella ragione umana, la loro mente sì lanciò, piena d'insolito ardore, pei campi aperti dalla rinascente antichità. — Riapparve il vero Aristotile, e tosto egli si trovò in opposizione con quello alterato dagli Arabi, e eh' era stato per molti secoli la fonte alla quale la Scolastica aveva attinto i suoi dogmi ; riapparirono le opere di Platone, dei Neoplatonici, di tutti i filosofi dell'antichità, e i loro sistemi furono altrettante soluzioni del problema della vita che si aggiungevano a quella data dal Cristianesimo. La cerchia delle idee allora si allargò, i sistemi riavvicinati e confrontati si combatterono, i dubbi che sorsero non consentirono più l'inerte erudizione del Guarino e di Leonardo Bruni: si lottò, e nella lotta .1 pensiero italiano si ammaestrò a procedere da solo e liberamente. Si dirà che i libri di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola sono una congerie incondita di cose, senza unità e senz'ordine, pieni di fantastiche visioni, di misticità, di utopie. Niuno può negarlo: quei libri rappresentano la condizione religiosa e morale dell'epoca in cui vissero i loro autori, epoca di transizione, piena di lotte, di disordini, di opposte tendenze nella 'vita e nel pensiero. Ma spogliamoli di questi difetti e di molt'altri che vi s'incontrano, nel fondo che cosa rimane di essi1? — Rimane un pensiero che coll'ajuto degli antichi si emancipa dalla servitù scolastica, che informatosi delle opinioni e dello spirito fdi Platone infonde vita nuova nelle aride e formali speculazioni della Scuola, che procede con insolita indipendenza, e raccoglie e combina e contempera insieme elementi molto disparati, seguendo un'ideale nuovo, ma indeterminato, trascinato dal presentimento di una sintesi più vasta e comprensiva dell'umanità. Marsilio Ficino voleva'comporre insieme il cristianesimo e il paganesimo di Grecia e di Roma; Pico della Mirandola v'aggiungeva anche l'Oriente, e poco prima di morire immaginava un libro in cui si dovevano trovare fra loro in armonia le opinioni di tutti i filosofi antichi e moderni. — Quando noi leggiamo le opere dei filosofi dell'Accademia fiorentina, siam fatti accorti che dall'erudizione è finalmente uscito uno spirito nuovo, ma nel tempo istesso vediamo questo spirito ondeggiare inquieto, indeciso, e smarrirsi fra mille errori; leggendo le poesie del Poliziano ci accorgiamo che il concetto umano della vita, quale s'era venuto formando in Italia dal Boccaccio in poi, sotto l'ispirazione degli antichi si è svolto e determinato, assumendo le forme dell'arte greca e latina. Lontano dalle trascendentali platoniche ed alessandrine dei filosofi, il poeta rivela più schiettamente lo spirito della nuova vita.
   § 3.
   L'ACCADEMIA ROMANA.
   Consideriamo ora brevemente un altro degli aspetti presentati dallo svolgimento dell' erudizione.
   Nella seconda metà del secolo decimoquinto Giulio Pomponio Leto istituiva in Roma un'Accademia, allo scopo di promuovere e d'incoraggiare la ricerca e 1 esame dei monumenti e delle opere dell'antichità. Egli era fratello naturale di Roberto
   (1) Epist. Lib., XI, 34. Invehmzzi. — Il Risorgi mento.
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