i 50 IL RISORGIMENTO.
senz'essa l'attiva non potrebb'essere nè onesta, nè lodevole. L'uomo, dice in sostanza l'Alberti, dall'artefice delle cose non è creato all'ozio o alla voluttà infingarda, bensì a contemplare le cose divine ed umane, a coltivare le arti giovevoli al genere umano, a investigare il vero e ad operare secondo ragione' ecco ciò che v'ha di più proprio per l'uomo. Di qui la vita attiva e contemplativa, delle quali due però, la prima riceve ogni sua forza e ogni suo valore dalla seconda: il pensiero deve dominare e dirigere l'azione. La contemplazione trasfonde nell'anima il moto e la vita, la solleva fino alla conoscenza di quegli archetipi delle cose, nei quali soltanto s'appaga quel bisogno del vero che arcanamente agita lo spirito umano. Da queste altezze, il pensiero dell'uomo domina e governa il mondo. Il farsi avanti nell'ardue vie della scienza è un dovere per tutti, ma più per coloro che sono chiamati a governare la repubblica. Chi vuol rendersi abile amministratore di uno Stato, deve, secondo che insegna Platone, arricchire il proprio intelletto di cognizioni tali che gli chiariscano lo scopo ed i doveri della vita, e assorgere fino alla contemplazione del tipo eterno della giustizia. Un'attività governata dalla scienza: ecco come si risolve la quistione della maggiore eccellenza fra le due vite attiva e contemplativa.
In un'altro di quei giorni trascorsi fra le tranquille delizie di Camaldoli, i discorsi della colta brigata versarono intorno al Sommo Bene. Questa volta il dialogo è sostenuto dai due fratelli Acciajuoli e da Alamanno Rinuccini, e le reminescenze dei moralisti dello Stoa s'uniscono alle platoniche per concludere che la felicità consiste nella virtù, che soltanto in questa si trova pace e concordia, che persino la gloria non arreca la vera felicità. — Finalmeute l'Alberti, nei giorni vegnenti, conduce gli amici suoi a ragionar di Virgilio. Virgilio non fu soltanto poeta altissimo, ma fu inoltre un gran sapiente. Nell'Eneide egli volle adombrare le dottrine platoniche con una serie di splendide allegorie. Si ammirino i suoi bei versi, ma si badi anche alla dottrina che s'asconde sotto il loro velame. Le peregrinazioni del pio Enea , i suoi amori con Didone, la sua venuta in Italia, e Turno e Camilla e tutti gli eroi e i fatti dell'immortale poema latino sono allegorie sotto le quali si celano arcani di sapienza sublime; i retori ed i grammatici di ciò non s'avvidero, ma il filosofo squarciò il velo allegorico, scrutando e interpretando il riposto pensiero del Savio di Mantova.
Seguendo queste tendenze, in ogni grande poeta antico si dovevano incontrare allegorie adombranti arcane ed antichissime dottrine, ogni commento doveva essere una serie di sottili disputazioni filosofiche. Questo infatti diventò nell'accademia il modo abituale di fare un commento. Il Landino allegorizzava l'Eneide e platoniz-zava nel Commento alla Divina Commedia; Pico della Mirandola scriveva tre libri di commenti ad una canzone di Girolamo Benivieni sull'amore platonico, irti di qui-stioni filosofiche Alessandrine; tra i dotti dell'Accademia s'usava di prendere un sonetto del Petrarca per avere occasione di ragionare a lungo e sottilmente sull'amore.
Le Disputazioni Camaldolesi del Landino contengono un platonismo non bene scrutato ne'suoi fondamenti, ma nello stesso tempo lontano dalle trascendentalità neoplatoniche di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola. — Pieno di reminiscenze poetiche dell'antichità, più erudito che filosofo, il Landino non provava, come l'amico suo, il bisogno di oltrepassare certi limiti del pensiero. Lo studio dei poeti greci e latini avevano svegliato in lui un certo senso della misura, dell'armonia e dell'umano, che non si smarrisce del tutto tra le speculazioni filosofiche in voga nell'Accademia. — Ad onta di ciò la vita, quale esce dal platonismo del Landino, serba sempre un carattere astratto. Si discute sull'azione e sulla contemplazione, sui destini della vita umana, sulla felicità, ma i precetti dalle astratte regioni del pensiero non discendono mai in quella del sentimento e dell'azione; la pratica della vita è in balìa di tutt'altri principii. La discussione è una voluttà dell'intelligenza, uno spaziare gradito e a grand'agio pei campi dell'immaginazione « Noi, fa dire il Landino a Lorenzo de'Medici nelle Disputazioni, noi siamo venuti quassù per godere dell'amenità di questi monti, del cielo temperato, e per abbandonarci a qualche voluttà dell'animo. Io spero, adunque, che se tu ti accompagnerai a questi filosofi non avremo