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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 153
   versità d'Italia e di Francia, assistendo a tutte le lezioni, accogliendo nella sua mente tutto il sapere del secolo. Mentre gli eruditi suoi contemporanei s'erano fin'allora limitati allo studio del greco e del latino, egli pel primo s'era avviato e quello delle lingue orientali, imparando l'ebraico, il caldaico, l'arabo e molti altri idiomi dell'oriente (1), dilargando di tanto la sua erudizione che in breve non v'ebbe per lui regione della cultura del suo tempo eli'ei non avesse esplorato. Consapevole della vastità del proprio sapere e della pieghevolezza del proprio ingegno, Giovanni Pico s'era esposto, in diverse università, a lottare con uomini di consumata dottrina e riputatissimi, e se non convinti, aveva per lo meno maravigliati tutti del portentoso suo ingegno, e dappertutto aveva lasciato ammiratori ed amici. Trovandosi in Roma verso la fine del 1484, aveva proposto novecento conclusioni de omni re scibili, provocando l'Europa tutta alla disputa sovra ciascheduna di esse (2). — Dopo aver stupefatto l'Europa, Pico era venuto in Firenze, e qui tra i dotti che frequentavano l'Accademia, la sua fama, anziché sminuire, era andata sempre crescendo. Vir unus lo chiamava il Poliziano, e Cristoforo Landino, giuocando di parole sul nome di Mirandola, « cum vero, diceva di Pico, omnia in eo viro miranda sunt, quis non Mirandulum eum appellandum duxeritì — Innanzi che Pico della Mirandola frequentasse l'Accademia platonica, le dottrine filosofiche ch'egli seguiva di preferenza erano quelle degli Scolastici e di Aristotile. Il Ficino lo guidò al platonismo, e d'allora in poi ebbe comune coll'Accademia il disegno di conciliare Platone ed Aristotile. Se non che mentre tutta l'Accademia rimaneva ancor chiusa dentro i limiti del mondo greco-latino, Pico spaziava col suo pensiero per le splendide e fantastiche regioni dell' Oriente. I libri di Mosè erano per lui il tesoro comune di tutte le scienze e di tutte le arti; nei misteri della Cabala, rivelatigli dallo studio delle lingue orientali, ravvisava la sapienza stessa di Dio, con essa spiegava la cosmogonia mosaica e dimostrava la divina missione di Cristo, dappertutto egli incontrava allegorie e simboli orientali. Erasi, per tal modo, venuto formando nella sua mente un sincretismo di filosofìa platonica, egizia, caldaica, mescolato colla Cabala del Giudaismo. Nella sua opera de Ente et Uno procurò di conciliare Platone con Aristotile, neWIleptaplus, o spiegazione del primo libro della Genesi, interpetrò in modo simbolico il libro di Mosè, ed è notevole che mentre si serviva dei misteri della Cabala per ispiegare il Cristianesimo, scriveva un' opera in dodici libri per combattere l'Astrologia. — Negli ultimi anni della breve sua vita, rinvenuto dagli amori e dai piaceri all'ascetismo, ideava una esposizione allegorica del Nuovo Testamento. una difesa della Volgata contro gli Ebrei, una apologia del Cristianisimo contro gl'infedeli e gli eretici, e finalmente un'armonia della filosofia, dove voleva conciliare fra loro tutte le opposizioni dei filosofi antichi e moderni, — ma, cólto da malattia, moriva a trent' un'anni, nel giorno stesso in cui Carlo Vili re di Francia entrava in Firenze (17 novembre 1494) (3).
   Pochi uomini godettero a' tempi loro d'una fama maggiore di quella di Pico
   (1) D'cesi che Pico sapesse ventidue lingue.
   (2) Questa disputa non ebbe pero luogo, perchè tra le novecento conclusioni del Pico ve n'erano alcune di astrologia divinatrice che il Papa condannò. Pico scrisse allora la propria Apologia, e salito al pontificato Alessandro VI fu sciolto da ogni accusa. Le conclusioni si trovano stampate. Conclusiones DCCCC. Roma 1486.
   (3) Marsilio Ficino sopravvisse pochi anni alla morte di Pico. Egli assistette alla morte di Lorenzo il Magnifico e all'insipienza del governo di Piero; vide l'Italia invasa dall'armata di Carlo Vili e i Medici banditi da Firenze, e la repubblica ristaurata.
   Stimò ed esaltò come santo Girolamo Savonarola, sinché gli parve che colla sua predicazione questi tendesse a riformare ì costumi, ma se gli inimicò e lo chiamò Yipccrita di Ferrara, quando si pronunciò nemico dei Medici e lo vide gettarsi in mezzo alla lotta delle pass.oni politiche. Vide mancarsi d'intorno il Landino, il Poliziano, il Pico e molti altri suoi amici dell'accademia; e finalmente nel giorno 3, o secondo l'Ammirato, nel 1° di ot~ Ikvkrnizzi. — Il Risor/jimento. • 20