CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 149
tutto discepoli, ma per consuetudine famigliari confabulatori che l'un l'altro si comunicano consigli e liberali discipline. Altri poi, oltre le cose dette, stanno talvolta ad ascoltar noi che leggiamo e quasi insegniamo, ma benché sieno quasi discepoli, non sono tuttavia propriamente tali, imperocché io non mi presumo d'insegnare; bensì all'uno socratico interrogo ed esorto tutti, e provoco assiduamente le feconde meriti degli amici miei a partorire. Appartengono alla prima specie Naldo Naldi amico mio fin dall'infanzia; e dopo questi, gli amici della mia giovinezza: Peregrino Aglio, Cristoforo Landino, Leon Battista Alberti, Pietro Pazzi, Benedetto Accolti Aretino, Antonio Camgiani ... Nella mia età matura furono amici miei e non uditori : Bartolomeo Platina, Angelo Poliziano, Gio. Pico della Mirandola. Nella seconda specie, cioè degli uditori, vi sono : Carlo Marsuppini, Neri, Guicciardini, So-derini ecc. ecc. (1)
Pel Ficino, come per tutti i componenti l'Accademia il 13 novembre, giorno della nascita e della morte di Platone, era solenne. Lorenzo voleva si festeggiasse, come già un tempo fra i Neoplatonici, con banchetti che chiamavansi Conviti platonici: il Ficino nei Prolegomeni al Convito di Platone ce ne lasciò la descrizione d' uno tenuto a Carreggi. Levate le mense, Bernardo Nuzio tolse in mano il Convito di Platone, e gittate il dado, toccò a Giovanni Cavalcanti interpretare il discorso di Fedro, ad Antonio teologo quel di Pausania, al medico Ficino quello di Orìzimaco, e finalmente a Cristoforo Landino quello di Aristofane. — Tale era l'Accademia fiorentina; una società formata da'più belli ingegni che esistessero allora in Toscana e in Italia, dove si discuteva d'arte, di erudizione e di filosofia, e dove il culto delle dottrine platoniche dominava ogni cosa.
Intanto Marsilio Ficino, l'anima di questa dotta società, dalla sua vasta erudizione vedeva sorgere difficoltà e contrasti, che lo gettarono in angosciose dubbiezze. — Il platonismo cristiano, accettato nei primordi della sua vita filosofica, s era smarrito fra le speculazioni neoplatoniche, il paganesimo s'era impadronito del suo pensiero. In tali condizioni di spirito voleva pubblicare le sue traduzioni latine di Orfeo e di Esiodo,. divulgare un libro intorno ai sacrifizi degli antichi, nonché una grand'opera in senso pagano affatto intitolata: Teologia platonica, intorno alla quale lavorava da molto tempo. Ma le conseguenze alle quali egli era condotto da questo indirizzo filosofico pagano, e l'incredulità che vedeva diffondersi tra i dotti studiosi dell'antichità, lo spaventarono, arrestando il moto del suo pensiero. Per qualche tempo ondeggiò fra la sapienza cristiana e il gentilesimo, coli'anima in preda a tormentose angoscie. La musica, gli amici, non potevano dissipare la profonda malinconia che gli turbava la mente e lo desolava: nemmeno la versione di Platone valeva a distrarlo. Furono, die'egli stesso, dieci anni di tormentose angoscie. Finalmente il cristianesimo trionfò in lui, e lo decise a mutare l'indirizzo del suo pensi irò. Una circostanza della sua vita influì sopra questo proponimento. Lorenzo dei Medici, successo a Piero nel primato della repubblica, indusse il Ficino a arsi prete (1473). Il sacerdozio lo mise in una dura condizione. Da una parte c'era il sacerdote, il quale non poteva accettare dottrine che non conducessero alla pietà cristiana; dall'altra c'era l'erudito, il classico, che non sapeva rinunciare all'antichità. Per far scomparire questo dissidio bisognava cristianificare l'antichità, accordare Platone ed i Neoplatonici colla filosofia cristiana, identificare la fede religiosa colla filosofia. Il Ficino così fece, in ciò ajutandolo il platonismo dei Padri delia Chiesa e gli stessi pensatori della Scuola alessandrina. E infatti non avevano forse quest'ultimi cercato come lui di fondere la filosofia colla religione? non avevano essi sostenuto l'esistenza di una tradizione religiosa e filosofica comune all'antichità orientale ed alle scuole della Grecia? Filone, del quale si diceva: aut Plato philonizat, aut Philo plalonizat, non aveva egli molto tempo prima di Plotino af-
(2) Leti, a Martino Uranio. Epist, Lib. 11.