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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   i 50 il risorgimento.
   Vicino a Giorgio Gemisto veniva il Bessarione, nato a Trebisonda nel 1395. Entrato a vent'un'anni H un monastero basiliano della Morea, egli aveva quivi seguito le lezioni di Gemisto ed abbracciato con molto ardore le dottrine platoniche; creato in seguito vescovo di Nicea, la Chiesa greca lo aveva mandato suo rappresentante al Concilio. Oratore eloquentissimo ed elegantissimo, il Bessarione recava maniere concilianti non solo nelle dispute fra le due Chiese, ma ancora nelle discussioni filosofiche; amantissimo dell'antichità non voleva tuttavia allontanarsi dai dogmi del Cristianesimo; seguace di Platone non sprezzava Aristotile, del quale anzi voltò in latino la Metafisica.
   Firenze accolse con giubilo i rappresentanti della Chiesa greca; Cosimo dei Medici offerse loro una sontuosa ospitalità. In questi uomini che alla gravità dell'aspetto aggiungevano la dottrina e l'eloquenza, gli eruditi fiorentini più che i rappresentanti di una Chiesa, ravvisavano i concittadini di Omero, di Platone, di Aristotile, parlanti quell'idioma greco che era già da qualche tempo diventato una passione letteraria dominante, che dai giovani della ricca e colta società fiorentina s'imparava come oggidì vien da essi imparato l'inglese e il francese. E però li ammirarono, li corteggiarono senza tuttavia dare una grande importanza alla diversità delle opinioni platoniche od aristoteliche da loro abbracciate. Tale indifferenza trovava la sua ragione nello stato della cultura fiorentina all'epoca della venuta dei Greci. — Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Ambrogio Traversani e tutti gli altri eruditi fiorentini avevano scoperte, tradotte, commentate, diffuse le opere degli antichi sapienti della Grecia, ma in ciò fare erano rapidamente passati da uno scrittore ad un altro, unicamente occupandosi di comprenderne la lingua e di tradurla nelle forme latine. Tutti assorti in questo lavoro filologico e grammaticale non avevano tentato di rivivificare lo spirito proprio ed intimo delle opere antiche, non avevano ancora rilevate le profonde differenze tra la filosofia di Platone e quella d'Aristotile; nelle loro opere, a provare una medesima tesi, avevano sempre indifferentemente citato le opinioni dell'uno e dell'altro de'due filosofi sopranominati; niun moto nuovo s'era per anco generato nelle loro idee; l'erudizione giaceva inerte nel loro pensiero. — Le cose andavano invece altrimenti pei Greci venuti al Concilio fiorentino. Essi, insieme ai monumenti della loro antica letteratura, avevano conservato anche le tradizioni filosofiche della Grecia di Platone e di Aristotile, benché alterate dalle speculazioni orientali e modificate dalle dottrine cristiane. Per ciò quando l'aristotelico Teodoro Gaza o il platonico Gemisto sentivano gli eruditi fiorentini ammirare del pari Aristotile e Platone, e li vedevano accogliere indifferentemente le dottrine dell'uno e dell'altro, non potevano nascondere la loro sorpresa. Perchè dall'erudizione si spiccasse la luce della filosofia bisognava dalla forma passare al fondo, dall'analisi della parola passare a quella del pensiero. Questo svolgimento lo iniziò Gemisto quando mandò fuori un suo opuscolo intitolato : De jplatonicce atque aristotelicce philosophice differentia , nel quale lasciando da banda le quistioni filologiche e grammaticali, portò la discussione sul fondo stesso delle dottrine filosofiche, e divisò le radicali diversità fra le due filosofìe dello Stagi-rita e di Platone, preferendo in tutto questo a quello. Giorgio Scolano sorse allora a difendere Aristotile, affermando, tra l'altre cose, la filosofia dello Stagirita essere più vera, perchè più conforme al Cristianesimo di quella di Platone. Gemisto replicò, e s' accese così fra i Greci una fiera controversia nella quale i due partiti a vicenda si lanciarono contro frasi violenti e talvolta scurrili (1). — A Gemisto ed allo Scolario sottentrarono dipoi nella disputa, Teodoro Gaza a favore d'Aristotile e il Bessarione a favore delle teorie platoniche. Quest'ultimo, m una lettera anonima, difese il suo maestro Gemisto ; « ma per mala sorte Si lasciò sfuggire che
   (1) Vedi : Brucker, Hist. critica philosophice, Voi. IV, Lib. I, Cap. III ; — ma specialmente : Boivin le Cadet, Querelles des philosophes du XV siécle, Mémoires de l'Académic des Inscriptions, Voi. II, pag. 715.