CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 139
moltissimi), pubblicati nella prima metà del secolo XV, gli Antidoti del Valla hanno oggi valore per noi come indizio della moralità che regnava allora fra le classi colte della società, e come contenenti notizie risguardanti la vita del Valla, non solo, ma ancora di molti altri eruditi di quest'epoca. — La disputa tra i due eruditi aveva toccato tale un grado di violenza che molti si misero di mezzo per farle cessare; ma tutti gli sforai riuscirono vani, e la reciproca stanchezza soltanto potè porre un termine alla lotta.
Accenniamo ad un altra, e sarà l'ultima, delle dispute del Valla. — Trattavasi di sapere se Lucio ed Arunte, di cui parla Livio nelle sue storie, fossero figli o nipoti di Tarquinio Prisco. A quest'uopo sono diretti due scritti del Valla contro Benedetto Morando giureconsulto bolognese (1). Anche qui si può dire che la quistione era indegna di occupare un uomo grave; ma che cosa mai v'era di non importante per un erudito del secolo XV? trattavasi di ricostruire quel gran mondo dell'antichità, e le minime cose assumevano una grande importanza. Guai poi se la quistione, come spesso spesso accadeva, diventava personale; allora l'amor proprio offeso si ribellava e difendeva coi modi che ci è toccato più volte di accennare nel corso del nostro racconto.
Fra le ire e le agitazioni^suscitate da tutte queste dispute, il Valla- dava l'ultima mano all'opuscolo contro la donazione di Costantino, e lo pubblicava (2). Come si può spiegar questo fatto? Vero è che dopo la morte di Eugenio IV, l'indirizzo delia Curia romana erasi in parte mutato. Lo scisma era finito, la Chiesa aveva riconquistata la propria pace, e nuovi e potenti nemici, almeno per ora, non ne erano apparsi. In Roma, pontificando Nicola V, spirava, quanto al pensiero, un'aura insolita di tolleranza, e anche Poggio Bracciolini poteva pubblicare il suo famoso dialogo L'ipocrisia. Ma come si concilia la libertà concessa di pubblicare un libro come questo, e più ancora come quello contro la donazione costantiniana, colle continue restrizioni che durante il pontificato di Nicola V, si fecero alle libertà politiche del popolo romano, e colla feroce repressione della congiura di Porcari? Il pensiero e la pratica erano adunque separati da un abisso in tutti gli ordini della vita, e anche quello della libertà era un amore astratto, che dall' intelligenza non scendeva mai al cuore? — Sia comunque di ciò, fatto è che il Valla pubblicò il suo libro, senza che gliene venisse alcun danno.
Noi tocchiamo oramai agli ultimi anni di un' agitata esistenza. — Il pontefice Nicola V, moriva nel 1455, e gli succedeva Callisto III, durante il cui pontificato al Valla non vennero meno gli agi e gli onori accordatigli dal dotto di Sarzana. — Negli ultimi anni di sua vita il Valla volle rivedere Alfonso in Napoli, e Gioviano Pontano ci fa sapere ch'egli ebbe allora occasione di conoscerlo (3). Forse l'autore del libro della Voluttà e della Donazione volgeva allora in mente quistioni d'ordine religioso, e la sua mente di problema in problema toccava fino alle sintesi supreme della vita, poiché il Pontano stesso lasciò scritto che il Valla non dubitavit ipse quidam dicere profìterique palarn habere se quoque in Christum spicula (4); ma non ne fece nulla. Bensì stimolato da re Alfonso intraprese una traduzione delle storie di Erodoto, che non compì perchè, tornato a Roma, vi inori nell'agosto del 1457.
I giudizn che si pronunciarono sul suo carattere, e sulla influenza esercitata dalle sue opere sullo svolgimento del pensiero italiano, furono molto diversi. — Il Valla, dissero alcuni, fu un uomo orgoglioso, collerico, maldicente, che, se diede'
(1) In Benedictum Morandum Bononiarsem, confutationes; precedute da una lettera apologetica diretta a re Alfonso. In Vallae, opera, ediz. cit.
(2) Tiraboschi, loc. cit. — Qiugnené, Histoire httcraire d'Italie, Tom. III, Chap. XIX.
(3) Idem, loc. cit.
(4) Citato dal Settembrini, Lez. di leti, ital., Voi. I, § XXVII.