CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 137
II Valla, mentre viveva alla Corte di Alfonso, aveva steso in tre libri una storia di Ferdinando re d'Aragona padre del suo protettore (1). Questa storia, scritta per servire ai fini politici d'Alfonso, non era, di certo, gran cosa nè rispetto alla verità storica, nè rispetto all'arte. Ma Bartolomeo Fazio, un'erudito genovese vivente anch'esso alla Corte di Napoli, s'attentò di farne la critica con quattro invettive. Il Valla rispose subito con altrettanti violentissimi libri, nei quali, oltre l Fazio, morde amarissimamente anche Antonio Panorrnita (2). Nelle tre prime invettive giustificagli errori distile che s'erano trovati nella sua storia; nella quarta ribatte accuse lanciate contro i costumi della sua vita e contro i suoi libri, e vi aggiunge una serie di correzioni sopra una parte di Tito Livio, servendosi di un codice già posseduto ed emendato dal Petrarca, e eh' era quello stato mandato in dono al re di Napoli da Cosimo dei Medici. Bartolomeo Fazio aveva preso occasione dalla storia di Ferdinando per criticare la lingua e lo stile del Valla ; altri, allo stesso scopo, presero di mira l'opera delle Eleganze. Un' Antonio da Rho aveva pubblicato certe sue annotazioni sopra alcuni luoghi di quest' opera ; e il Valla, al solito, rispose in modi estremamente mordaci e v> olenti con un lungo discorso diretto a Giovanni Lucina segretario di re Alfonso (3).
In quattro anni circa dacché viveva in Napoli, il Valla s'era, colle sue dispute, creato un numero grande di nemici fuori e dentro la Corte. Per togliersi ad una posizione, divenuta oramai difficile e spinosa, egli sarebbe volontieri ritornato a Roma, ma l'inquisizione, i cardinali e il papa stesso glielo vietavano. In una raccolta intitolata: Epistolae principum, rerum pubblicarum, ao sapientium viro-rum, ecc. nunquam antea edita?, stampata in Venezia nel 1574, si contengono lettere del Valla in cui questi sollecita dal papa e dai cardinali la licenza di ricondursi a Roma, protestando il suo ossequio per la Santa Sede (4). Ma le sue istanze riuscirono vane: l'uomo che aveva scritto il libro contro la donazione, e che partecipava le simpatie d'Alfonso per il Concilio di Basilea, non poteva così facilmente venire perdonato ed accolto dalla Curia romana, vivente un pontefice come Eugenio IV. Rimase adunque in Napoli, dove lo aspettavano altri guai. In conseguenza di una nuova coniesa, nella quale lo si accusava d'avere nientemeno che rubato a certi religiosi un prezioso manoscritto d'Ippocrate, manoscritto eh' ei per altro asseriva d'aver comperato, abbandonò Napoli, e si recò al campo d'Alfonso, che allora era a Tivoli, seguitando poi il re nella spedizione contro i fiorentini (1448). Indi a poco Alfonso stesso lo persuase a ritornare in Napoli, dove il nostro erudito giunse, dopo essere per via sfuggito dalle mani di una masnada di malandrini (5).
Intanto, già fin dal principio del 1447, era morto Eugenio IV, e nel marzo dello stesso anno Tomaso da Sarzana era stato eletto pontefice, e si era fatto chiamare Nicola V. Colla elezione al pontificato d' un uomo dottissimo ed insigne protettor di dotti, il mondo letterario si poteva abbandonare alle più lusinghiere speranze. Nè il nuovo pontefice le deluse. In nome poi della sapienza greco-latina, il grande, l'unico amore delle intelligenze del secolo, si potevano anche perdonare molte cose ad un illustre latinista e restauratore dell'antica sapienza. Nicola V, infatti, scrisse a Napoli al Valla, invitandolo a far ritorno in Roma, e offerendogli vantaggiose condizioni. Il Valla non tardò ad accettare, tornò e si stabilì in Roma, dov' ebbe l'ufficio di scrittore apostolico, ed un canonicato di San Giovanni in Laterano.
(1) L. Vallae, Historiarum Fcrdinandi regis Aragoniae, Lib. Ili, Parisiis per Robertum Stephanum, 1521.
(2) In Bartptólomoeum Facium ligurem, Invectivarum seu Recrimi nationum libri — In Valìae, opera, ediz. cit.
(3) In errores Antonii Raudensis ad notationes, ad Joan. Lucinam Alphousi regis secretarium. Ediz. cit.
(4) Tiraboschi, Stor. della Lett. ital., Lib. Ili, Cap. V.
(5) Idem, loc. cit.
Invernizzi. — Il Risorgimento. 18