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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   i 50 IL RISORGIMENTO.
   non piccola porzione dell'Africa, offerendola ai mortali come ottimo frutto a dar semenza. Cosa questa certamente molto più bella ed illustre dello aver dilatato l'impero. « Imperocché coloro, i quali dilatano 1 .mpero, sogliono essere grandemente onorati, e sono cluamati imperatori ; quell poi che arrecano qualche benefìzio all'uman genere, vengono celebrati, non con umane, ma con divine lodi. » E gli avi nostri, col diffondere la lingua latina fra l'altre nazioni, furono doppiamente grandi e superarono sè stessi, compiendo 1 opera divina di porgere agli uomini il cibo dell'anima. In effetti, col latino si ammaestrarono i popoli in tutte le arti liberali, s'istruirono nelle leggi, e fu lor spianata la via ad ogni genere di sapienza, nè più si poterono chiamar barbar,. Le genti conquistate, gettarono bensì, come un'ingrato peso, l'impero di Roma, perchè questo le privava della libertà, ma pregiarono il latino come divinità scesa dal cielo, e ne adornarono i loro dialetti..... « Noi
   Romani perdemmo il regno, perdemmo 1 dominio, benché non per colpa nostra, ma dei tempi. Tuttavia, in virtù di codesto più splendido dom nio (delta lingua), noi regniamo ancora su molta parte del globo. Nostra è l'Italia, nostra la Gallia, nostre la Spagna, la Germania, l'Ungheria, la Dalmazia, minia e molte altre nazioni, perchè dovunque domina la lingua romana, ivi è Romano impero ».... Ma questa lingua, diffusa pel mondo, e che contiene tutte le discipline degne di libero uomo, è oggidì ridotta in uno stato assai lagriinevole. Ella è oppressa dai barbari, come un tempo Roma dai Galli. Per molti secoli nessuno nè parlò, nè capì il latino. Oggi però volgono tempi meno infelici, e giova sperar vicino il giorno in cui il latino rifiorirà, e rifioriranno con esso tutte le discipline. Onde raggiungere questo scopo non bisogna però soltanto scriver storie, orazioni e poemi, ma è d'uopo studiare il latino, e ritornarlo alla sua nativa purità e grandezza : è d'uopo liberar la lingua latina dalla barbarie, come Camillo liberò Roma dai Galli (1).
   L'opera delle Eleganze è divisa in sei libri. Nei primi tre, il Valla tratta delle proprietà di ciascuna parte del discorso, adducendo l'autoi .tà degli scrittori latini, e specialmente di Cicerone e di Quintiliano. II quarto costituisce una specie di sinonimia latina. Appoggiandosi alla storia, alle leggi ed ai costumi di Roma antica, vi si stabilisce la differenza tra molt vocaboli, che a prima vista presentano una certa somiglianza di significato. Cosi, ad esempio, si determina la differenza tra rumor e fama, tra facies e vultus, tra senes, veteres e antiqui, fra triclinium e conclave, ecc. ecc. Una simile sinonimia è fatta nel quinto libro , ma soltanto pei verbi: ad esempio, si stabilisce la differenza tra ìiabeo orationem e facio sermonem, tra disco, edisco, dedisco, dedoceo e instruo, tra exhorreo e auhorreo e simili. L'ultimo libro è esclusivamente critico, ed è quello dove apparisce manifesta la tendenza del Valla a studiare il pens ero nella parola, a passare dalla lettera allo spirito, e a farsi così strada colla filologia alle quist ioni filosofiche. In esso si stabilisce, contro l'opinione di diversi autor., il significato di certe parole latine. Valga un' esempio. — Il Valla vuol stabilire, contro Boezio, il significato della parola Persona (2). Boezio vuole che la Persona sia una sostanza; ma iì Valla, attenendosi all'antico significato latino di questa parola, vuol provare che è una qualità. Persona, egli dice, significa la qualità per cui un uomo, sìa per 1' animo, sia per il corpo, sia per quelle esteriontà, che i retori annoverano fra gli attributi della persona, — differisce da una altro. Riguardo all'animo, un uomo differisce da un altro perchè, questi si dà alla medicina, quello alla milìzia o al diruto civile ; riguardo all'indole (mens), uno è moderato, l'altro iracondo, uno avaro, l'altro liberale; riguardo al corpo, si è maschio o femmina, giovane o vecchio bello o brutto, forte o imbelle ; riguardo finalmente alle esteriorità, si è ricco o povero, marito o celi be, chiaro od oscuro e simili. Gl'istrioni antichi, in sulla scena, assumevano la persona di ancella o di matrona, di vecchio o di giovane, di soldato o di parassita. Inoltre
   (1) Elegantiarum libri, Praefat.
   (2) Id., Lib. VI, Cap. XXXIV.