CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 129
ritto umano, chi ignora essere, nullo il diritto di guerra? o che se è qualche cosa, esso può valere soltanto mentre si possiedono le cose conquistate colla guerra ? Quando si è perduto il possesso, si è perduto anche il diritto. Nè si dica che i Romani mossero giustamente guerra alle nazioni, e giustamente le privarono della loro libertà. Che un popolo ne soggioghi un' altro, è cosa che non s, può paragonare ad una legge di natura. Noi possiamo ammaestrare ed esortare gli altri, ma non imperare su di essi, nè adoperare la forza, a meno di non voler rinunciare all'umanità, imitando le bestie più feroci, le quali esercitano un sanguinoso imperio sui più deboli. Eppure anche codeste belve non fanno uso della forza contro la propria specie, bensì contro l'inferiore. Lo che a maggior ragione dovrebbe esser fatto dall'uomo pel rispetto che ei deve al suo simile..... Le guerre sono qualche poco oneste, soltanto allora che s'imprendono per vendicare l'ingiuria, e per difendere gli amici...,. Io non voglio, nè condannare i Romani, come se avessero ingiustamente gareggiato, nè assolverli, come se avessero giustamente guerreggiato. Ma dirò, che ai vinti fu lecito ribellarsi ai Romani, del pan che agli altri conquistatori. Ora, se le genti avevano il diruto di ribellarsi al Popolo Romano, certamente lo avevano di ribellarsi anche a chiunque di coloro cui il Popolo Romano o Costantino, cedettero il loro diritto. E se ai Romani era lecito cacciar Costantino, come un tempo cacciarono Tarquinio, od ucciderlo, come un tempo uccisero Giulio Cesare, molto più sarà lecito ai Romani e alle provineie uccidere colui che, in un modo qualunque, venne in luogo di Costantino. Ma questo, benché vero, trascende la nostra causa. Noi vogliamo soltanto concludere che la forza, dell'armi non conferisce alcun diritto. Ciò che si acquista coll'armi, coll'armi si perde. E notisi che se un popolo, abbandonato dal suo attuale dominatore, si elegge un re, o si ordina e mantiene in repubblica, egli questo fa lecitamente. Se così è per le altre nazioni, tanto più lo sarà per il Popolo Romano, specialmente riguardo alla nuova tirannide del papa. In nome adunque del diritto di un popolo di disporre della propria sorte, il papa, cacciato da un possesso, non vi può più rientrare.
Nè basta. In virtù dell'accennato diritto, ciò che i4 papa attualmente possiede non può passare in prescrizione. — Non potendo difendere la donazione, che non esistette mai, e che anche ove fosse esistita sarebbe già caduta, stante le condizioni de1' tempi, gli avversari si rifugiano in questo ultimo argomento: la Chiesa romana, essi dicono, prescrisse ciò che attualmente possiede. — Ma allora perchè mai essa cerca quella parte maggiore che non è da lei prescritta, e che è prescritta dagli altri? Perchè vuol farsi confermare tante volte i' diritto dagli imperatori? perchè vantala donazione e la conferma dei Cesari, se la prescrizion sola le basta? — La Chiesa romana prescrisse'— Ma in che modo può essere prescritto, ciò che non è costituito da alcun titolo, ma soltanto dalla mala fede? E se il possesso non è di inala fede, certo è di stolta fede; imperocché in cose-di tanto rilievo non può essere scusata l'ignoranza dei fatto e del diritto. Del fatto, perchè Costantino non donò Roma e le prouncie, lo che può essere ignorato dall'idiota, ma non dal Sommo Pontefice; del diritto, perchè quelle cose non potevano nè essere donate, nè essere accettate; e ignorar questo è cosa appena da cristiano. Così nemmeno la stolta credulità può conferire al pontefice il diritto di prescrivere. Ad ogni modo poi, messa in chiaro la stoltezza della fede su cui riposava il possesso del pontefice, se questi continua nel possesso, allora l'ignoranza si cangia in malizia ed il frode, ed egli diventa così possessore di mala fede. S'aggiunga che il vero t'tolo non si può abolire, qualunque sia .1 numero degli anni. Ma v'ha di più. La prescr-zione, la qual non si fa se non per le cose mute ed irrazionali, costoro la trasferiscono anche all' uomo. Ond' è che il tenerlo in servitù, quanto è più lungo, e tanto è per ciò più detestato e. — Onde far poi manifesti il dolo e la frode anziché l'ignoranza elei Sommi Pontefici, aggiungasi che essi fanno uso del giudizio della guerra e non del diritto. In questo modo crediamo abbiano fatto anche i pruni Pontefici nell'occupat e la città e le altre castella. A' giorni nostri per una inaudita frode di Bonifac io IX, Roma, libera da alcun tempo, subì l'impero, o piuttosto la tirannide papale. E quando i kvrjVNizzi — Il Risorgi