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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 125
   Parleremo inoltre di simulate o frivole donazioni di certi altri Cesari; dove, per un di più, aggiungeremo elle se anche Silvestro possedette, tuttavia essendo stato o lui o qualsiasi altro pontefice rimosso dal possesso, non si può, dopo tanto intervallo di tempo, ripeterlo nè per diritto divino, nè per umano. Infine diremo che tutte quelle cose possedute dal Sommo Pontefice, per nessuna lunghezza di tempo si possono prescrivere. — Quanto al primo punto, il Valla dimostra che Costantino non poteva avere, e che non ebbe, da parte sua motivo d'acconsentire a rimaner spogliato di tanta parte del suo impero. Questa dimostrazione è fatta dal Valla in forma singolare. Egli si rivolge a tutti i re e principi della terra, eccitandoli a rispondere se, nella condizione di Costantino, essi avrebbero acconsentito a cedere Roma, cioè la patria loro, e con essa l'Italia, le Gallie, tutto infine l'Occidente, per ridursi a Bisanzio. Questa prodigiosa liberalità, continua il Valla, è manifestamente contraria a tutte le tendenze dei regnanti e dei dominatori, i quali anzi, pur di estendere i confini dei loro dominii, discendono fino ai più abbominevoli delitti. Come adunque si può ammettere che Costantino cedesse la miglior parte del suo impero1? Ma, ,i dice, egli s'era fatto cristiano, per onorare la nuova religione, cedette parte dell'impero. — Lasciamo andare che Costantino, fatto cristiano, doveva rendere alle città la lor libertà e non farle cangiare di padrone, come chi possiedeva 1' altrui, dopo il battesimo, lo restituiva. La quistione non istà qui, bensì nell'onore reso alla reMgione col suo dono. Forsechè era più religioso deporre il regno d? quello che amnuiiistrarlo a tutela della religione? il dono, per quelli che lo ricevevano, non era infatti nè onesto, nè utile. Per essere vero cristiano, era meglio che Costantino combattesse a prò' di coloro, che non possono e non debbono combattere ; che colla sua autorità rassicurasse quelli che erano soggetti alle insidie ed alle ingiurie. Da Nabucco, da Ciro, da Assuero e da tanti altri principi sui quali Dio volle far scendere la luce dei vero, non fu richiesto che cedessero l'impero, ma soltanto che ridonassero la libertà agli Ebrei, e che questi fossero protetti dai nemici che li circondavano. Questo bastò agli Ebrei, questo sarebbe bastato anche ai cristiani. — Ma, si soggiunge ancora, Costantino era stato liberato dalla lebbra, e per ciò, fattosi cristiano e pieno del timore e dell'amore di Dio, volle colla donazione onorar Dio. — Questo 11011 è motivo sufficiente di tanto dono. Niun gentile per onorare gli Dei, niun cristiano per onorare il Dio vivente, depose l'impero e ne fe' dono ai sacerdoti. Jeroboamo, eletto da Dio re d'Israele, non osò consegnare il suo regno a Dio, e voi volete che Costantino donasse a Dio un regno, che da lui non aveva ricevuto? E si noti che Jeroboamo non avrebbe con ciò offeso i figli, gli amici, tutti i suoi e la patria istessa, come avrebbe fatto Costantino, se fosse realmente avvenuta la donazione. E qui il-Valla rappresenta dapprima i figli di Costantino, i quali, con apposita orazione, scongiurano il padre a non voler recare tanto danno all'impero ed a loro stessi, minacciandolo di non farsi cristiani, ov'egli ceda parte dell'impero a Silvestro. Viene in seguito un oratore del popolo e del senato romano, il quale esorta l'imperatore a non dividere, indebolire ed avvilire l'impero; a non sottoporre il popolo romano al capo di una religione per lui spregevolissima, e a rammentarsi che non è spenta ancora nell' anima dei Quiriti 1' antica virtù, e che si troverà sempre un Bruto, il quale, al pari dell'antico, per ridare la libertà a suo popolo, drizzerà il ferro, pi ima contro i nuovi dominatori, poscia contro Costantino stesso. Questo già oprarono i romani contro molti imperatori e per cagioni molto meno rilevanti. Se, conclude il Valla, i figli, gli amici e il popolo romano queste cose non dissero, certo Costantino le dovette pensare.
   Se per tutti questi motivi Costantino non voleva donare l'impero al pontefice, questi, a sua volta, non voleva accettare il dono. E perchè? Il perchè lo dice Silvestro stesso in una allocuzione, che il Valla finge eh' ei diriga a Costantino, rifiutando il dono: il dominio temporale, dice Silvestro, è contrario alla missione aflìdata da Cristo al pontefice, ed è fonte di corruzione e di rovina dei principi evangelici. — È curioso leggere nel vecchio nostro latinista le istesse ragioni, che oggi si adducono contro la sovranità temporale dei pontefici, da coloro che la combattono in nome