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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   IL RISORGIMENTO.
   cólto? Ma il timore di questo doppio pericolo non è motivo che mi conturbi, e m'allontani dal mio proposito. Imperocché al Sommo Pontefice non lice legare o sciogliere nessuno contro il diritto e contro la ragione; il dar ia vita per difendere la verità e la giustizia è sommamente virtuoso, lodevole e premiabile. Se per difendere la patria terrena, molti andarono incontro al pericolo della morte, io, per conseguire la patria celeste (e la conseguono coloro che piacciono a Dio e non coloro che piacciono agli uomini) m spaventerò del pericolo della morte? — Bando adunqne alla trepidazione, vadano lungi le paure, e si speruano i timori. La causa della verità, la causa della giustizia, la causa di Dio, si debbono difendere con forte animo, con grande fiducia e con nobile speranza. Imperocché non è da riputarsi vero oratore chi sa dir bene, se anche non osa dire. Osiamo adunque accusare cm fa cose degne di accusa, e chi offende tutti si riprenda colla voce d'iin solo per quella di tutti. — Ma io non debbo pubblicamente riprendere il, fratello, bensì fra me e lui. — Anzi chi pubblicamente pecca, e non ammette hr :vato consigLo, devesi pubblicamente biasimare, onde gli altri n'abbiali timore. Forsechè Paolo 11011 riprese Pietro al cospetto della Chiesa, perchè era da riprendere, e questo lasciò scritto a nostro insegnamento ? — Ma io non son Paolo da poter riprendere Pietro. — Anzi sono Paolo, perchè imito Paolo, perchè, e questo è molto più, formo uno spirito solo con Dio, quando con ogni cura ottempero ai mandati di Lui. Nè la propria dignità fece alcuno immune dalle accuse. Non Pietro, ìit molti altri nsigniti delio stesso grado, come Marcello, accusato di libare agli Dei, come Celestino accusato di pensare coll'eretico Nestorio, come cert' altri ancora a memoria nostra, i quali sappiamo ripresi dagl'inferiori (e chi non è inferiore al papa?) per non dir condannati. Nè io faccio questo per desiderio d'insultare alcuno, e quasi per iscrivere filippiche contro di lui; dal che sono molto lungi, ma per estirpare l'errore dalle menti degli uomini, per metterli in guardia contro i vizi e contro le scelleratezze sia coll'ammonire. sia coll'accusare.....So che le orecchie degli uomini già da tempo aspettano che io rinfacci ai pontefici romani un certo delitto, grande per ^eiità, sia pei crassa ignoranza, sia per immane avarizia, che è la servitù degl'ido.', sia per vanità d'impero, della quale è sempre compagna la crudeltà. Imperocché già da molti secoli, o non s' accorsero che la donazione di Costantino è inventata e finta , o essi stessi la finsero, o quelli che vennero appresso, continuando la frode dei loro maggiori, conoscendola falsa, la sostennero come vera. Disonorando la maestà del pontificato, disonorando la memoria degli antichi pontefici e la religione cristiana, e perturbando ogni cosa con stragi, minaccie e scelleraggini, di cono appartenergli (al pontefice) la città di Roma, il regno di Sicilia e di Napoli, tutta l'Italia, le G-allie, le Spagne, la Germania, la Brettagna, l'Occidente infine; e tutto ciò essere contenuto nella stessa pagina di donazione. Dunque tutte queste cose sono tue, o Sommo Pontefice? e tu pensi ricuperare ogni cosa? di spogliare tutti i re ed i principi del Occidente? oppure intendi costringerli a pagarti annui tribut:? Io invece credo più giusto che sia lecito ai principi lo spogliar te di tutto l1 impero che possiedi. Imperocché, come dimostrerò, quella donazione, d'onde vogliono nato 'ì diritto del Sommo Pontefice fu ignota a Silvestro del pari che a Costantino. Ma prima di confutare la pagina di quella donazione, prendiamo le cose da più alto. » — Dopo queste parole d'esordio, il Valla comincia la sua dimostrazione. Anzitutto, egl: dice, Costantino non era tale che volesse donare, che a dritto potesse donare, e che, per poterle donare, possedesse le cose che si dicono da lui donate. Silvestro, poi, non era tale che volesse accettare il dono, e che potesse a dritto accettarlo. In secondo luogo, anche ove ciò non fosse vero e chiaro, ed è verissimo e chiarissimo, nè Silvestro accettò, nè Costa
   ntino diede il possesso delle cose che si dicono donate, ma esse rimasero sempre in arbitrio di Costantino. In terzo luogo, Costantino non die nulla a Silvestro, ma al pontefice antecedente, dal quale egli ebbe il battesimo, e quei doni furono mediocri, tanto che con essi il papa potesse campare. Quarto : è falso che si sia trovato esempio di donazione nei decreti, o ch'esso sia stato tratto dalla storia di Silvestro, chè non se ne rinviene, nè in questa, nè in altra storia.