CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 123
papi da Gregorio Xt ad Eugenio IT, nelle aspre lotte dello Scisma, si sieno apertamente appoggiati a quest'atto, come a fondamento delle loro pretese di supremazia universale; essi movevano da più alto, e derivavano la loro autorità direttamente da Dio. Tuttavia lasciavano clie si aggiungesse anche questa alle altre prove recate, e in Roma, ai tempi d'Eugenio, si faceva della donazione costantiniana un'arma contro gli avversari della potestà temporale della Chiesa. Ma i sostenitori della potestà temporale incontravano uomini cui le condizioni intellettuali, morali e religiose dell' epoca, rendevano più che mai disposti alla lotta. E in Italia incontrarono il Valla. Appartenente a quella scuola politica, che per lunga e costante tradizione italiana, teoricamente negava la sovranità temporale dei pontefici, partecipe delle aspirazioni, (ravvivate allora anche dai recenti studi classici) che volevano strappar Roma alla servitù teocratica e restituirla all'antica libertà; trascinato dalla libera indole del suo pensiero a indagare il fondamento delle opinioni, mantenute dall'autorità, e spinto dalle tendenze, svegliatesi fra le lotte dello Scisma e de« Concili a cercar l'origine delle pretensioni papali, — egli pensò di combattere e provar falsa la donazione di Costantino. L'impresa era delle più pericolose, tanto più per luì, che, in causa delle sue opinioni, speculative e morali, aveva già svegliato il sospetto della Curia romana, e attirata sopra di sè l'attenzione degl'Inquisitori. Ma il ralla non era uomo da indietreggiare dinanzi al pericolo ; e togliendo a dimostrare la falsità dell'atto di Costantino allargò e sollevò di tanto la quistione, che riuscì ad una piena e completa negazione della sovranità temporale dei papi sotto l'aspetto storico, giuridico e religioso. La sovranità temporale dei papi non è soltanto storicamente falsa, ma è inoltre assolutamente contraria al precetto del Vangelo e all'essenza della giustizia. Ecco quanto il Valla provò, vestendo il suo pensiero delle forme letterarie ch'erano allora in gran credito fra gli eruditi. NiliU magis oratorium scripsi, diceva egli stesso de) suo lavoro, e voleva significare di non aver scritto mai cosa più vera, perchè, secondo le sue opinioni da filologo e da filosofo, l'oratore è più che un filosofo, è un sapiente (1).
Il libro contro la donazione di Costantino comincia con queste notevoli parole « Io ho pubblicato molti linr. in quasi ogni genere di dottrine, nei quali vi sono alcuni Che mal sopportano quello in cui io dissento da alcuni grandi e già da lungo tempo lodati autori, e mi condannano qual temerario e sacrilego. Che cosa non stimeranno di fare adesso certuni? fino a che punto non isfurieranno contro di me? e se mai venga lor concesso, con quanta avidità e prestezza mi trascineranno al supplizio? Adesso che scrivo non soltanto contro i morti, ma anche contro i vivi, non contro l'uno o l'altro, ma contro molti, 11011 contro i privati soltanto, ma anche contro i magistrati» E quali magistrati ! proprio contro il Sommo Pontefice, il quale non è soltanto armato della spada temporale, come i re ed i principi, ma eziandio della ecclesiastica, in guisa che io scudo di niun principe ti può difendere dai colpi della scomunica, dell'anatema e dell'esecrazione. Che se prudentemente, come sentenziò, credette d'aver operato, colui che disse : non voglio scrivere contro coloro che possono bandire, lo stesso quanto più pare doversi fare da ine contro colui che mi proscriverà dovunque, che m- perseguiterà coi tardi invisibili della sua potestà, cosi che a ragione potrò dire: quo ibo a spirita tuo, et quo a tua fugiam facieì Ma forse il Sommo Sacerdote tollererà queste cose con più di pazienza degli altri. No. Anania, principe dei sacerdoti, in faccia al tribuno che siedeva giudice, ordinò che Paolo venisse sferzato, e Fasso gettò in carcere Geremia in grazia della libertà di parlare. Ma quegli nel tribuno, questi nel re, trovarono chi li potè e volle difendere dall'ingiustizia del pontefice. Me, invece, qual tribuno, qual re, anche se lo volesse, potrebbe strapparmi dalle mani del Sommo Sacerdote, ove questi m' avesse
(1) Oratorem esse virum sapientem quantum in- hominem caclit, hoc. est plus esse quam philosophum et sophon. — Apologia.