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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 133
   cessi naturali e spontanei della mente umana, allo studio minuto e paziente della parola, come forma in cui giace quel che l'uomo spontaneamente crede e pensa sul mondo e sulla vita, e additava cosi il modo di liberarsi dalle quiddità, dalle ecceilà, dai fantasmi tutti, che ingombravano le vie del pensiero, impedendogli di raggiungere quella verità e quella certezza, che sono compatibili colla sua limitazione. Dei tre Libri di Dialettica del Valla, quello dove c'è maggiore originalità, è certamente il primo, nel quale, come abbiam detto, si tratta dei Trascendenti e delle Categorie.
   In un discorso, per comprendere il significato delle parole, bisogna definirle. Ora la definizione di ciascuna parola si deve fare per mezzo di un'altra più generale, la quale, alla sua volta, si definirà con una terza ancor più estesa, finché si arrivi a certe parole, che sono gli elementi od i principi ai quali si riferisce il significato di tutti quanti i vocaboli. — Se così è la Dialettica (scieniìa sermoeinas) deve cominciare il proprio studio da questi principii. Essi sono di due ordini. 11 primo è costituito dalle Categorie o Predicameniì (come le chiamò Boezio, o qual altro latino prima di lui), che sono in numero di dieci, almeno giusta quanto fu stabilito da Aristotile. Quintiliano diede il nome di elementi alle categorie, perchè infatti a queste, come a principii si riferisce il significato di tutti i vocaboli; si dicono poi anche generi, in quanto generano gli altri significati, e si dicono generi principali, in quanto non vi sono generi ad essi superiori. L' altro ordine di elementi è formato dai Trascendenti (trascendentia); così chiamati perchè trascendono le categorie, e non sono generi, ma per dignità e potestà sono superiori a tutti i generi. I trascendenti si afferma che sono sei, cioè: Ens, aliquid, Res, Unum, Verum, Bonum. Diciamo in prima di questo ordine, come quello che è formato da principii pìii elevati (1).
   I sei trascendenti si 'possono, e debbono ridurre ad un solo, cioè alla Res. Infatti Ens significa la cosa che è, ed è un participio, che come tale, trae forza dal relativo e dal verbo: come amans uxoris significa: ille vir qui amai ecc., e ante-cedcns, id quod antecedit, così Ens significa id quod est. E siccome il pronome id si risolve in ea res, cosi YEns si risolve in ea res quae est, ossia in Res. — Chiaro è poi che V Aliquid non significa altro che aliqua res, come aliud, aliae res ; idem eadem res; niìiil, nulla res. — L'Unum che cosa significherà se non ima res? Aristotile dice che VUnum non è un numero, bensì il principio del numero. Ma i principii delle cose non sono forse parte delle cose, e quindi res anch'esse? chi legge il principio di un libro, legge il libro. — Il Verum o la Veritas esprimono vera res. Il vero ed ti falso sono in noi, nel nostro intelletto, e non fuori di noi; e consistono nell'armonia o nella disarmonia del nostro pensiero colle cose: il vero pane, il vero vino, il vero profeta, sono il pane, il vino, il profeta quali sono in sè stessi il falso pane, il falso vino, il falso profeta non sono il pane, il vino, il profeta quali noi crediamo. — Rimane l'ultimo dei trascendenti, il Bonum, il quale anch'esso esprime bona res. Si vuole che possa farsi non bene la cosa buona (bonum)', ma questo è assurdo. Se ad un poverello, che nojosamente insiste, io do una moneta, sgridandolo, non debbo dire d'aver fatto cosa buona non bene; ho fatto bene nel dar la moneta, ma non bene nè cosa buona nello sgridare il povero. Debbo adunque dire d' aver fatto una duplice azione, una buona e 1' altra no. Nel dar la moneta ho fatto cosa buona (bonum) e bene; nello sgridare nè cosa buona, nè bene. Pertanto chi fa cosa buona fa insieme anche il bene, e chi il bene, fa cosa buona. Lo stesso dicasi del.giusto: operar giustamente e operare cosa giusta (justum), torna ad un medesimo (2).
   La Res (cosa) è adunque l'unico trascendente, è la parola che ha il significato più esteso possibile, e che viene poi determinata da tutte le altre parole che noi facciamo entrare nei nostri discorsi.
   (1) Dialettica, Lib. I, Cap. 1.
   (2) Dialect., Lib. I, cap. 2.