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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   IL RISORGIMENTO.
   tonico; Bruto e Seneca furono Stoici. S Girolamo credeva che la scuola stoica fosse simile alla religione cristiana, e S. Ambrogio emulò Panezio e Cicerone nel dettar i precetti dello Stoicismo. Per S. Agostino, Platone è il principe dei filosofi; Boezio è più platonico che aristotelico; Porfirio voleva che le opinioni di Aristotile e quelle di Platone non formassero che una sola. Ma, dopo Boezio si abnracciò il solo Aristotile, e si tennero tutti gli altri filosofi in conto di a-sofì. E non poteva essere altrimenti. Si conosceva soltanto lo Stagirita, se si può dir conoscere il leggere un libro in una lingua non propria, e anche questa alterata dai commentatori e traduttori. Inoltre, dopo Boezio, quanti sono quelli che si possono chiamar latini e non barbari? «Ed io temerò questi uomini, e li sentirò proibirmi di non dir nulla contro Aristotile ? E permetterò eh' essi si attribuiscano quello che non si sarebbe conceduto ad Atene, a tutti i filosofi, a tutti i secoli'? » Si arrossisce in dire che certuni usano d'iniziare i discepoli, e di costringerli con giuramento, a non contraddir mai ad Aristotile. Genere superstizioso e sciocco d'uomini, i quali privano sè stessi e gli altri della facoltà d'indagare il vero. « lo però, spregiandoli, dirò quel che meglio si può contro Aristotile, non per accusar l'uomo, ma per onorare la verità » (ì).
   La Dialettica del Valla è divisa in tre parti, corrispondenti ad altrettanti 1 3ri. Nella prima si tratta dei Trascendenti e delle Categorie, nella seconda della Proposizione, nell'ultima del Sillogismo. — Non si creda però di trovare in questi libri un sistema regolare, omogeneo da surrogare in tutto alla Logica delle Scuole. 11 Valla, come notò Brucker, gramolò ben bene la dialettica degli scolastici, si sforzò di abbandonare la trita via aperta da Aristotile, ma in questo lavoro fu più felice nel toccare che nel sanare le piaghe della Dialettica (2). La lucidezza e la determinatezza della parola classica, le forme libere, piane, naturali di ragionamento, riscontrate nei filosofi antichi, e specialmente nei giurisprudenti romani, la costante tendenza a cercar nella parola e nell'uso di questa il senso comune, — tutto ciò rendeva il Valla mirabilmente adatto a vedere gli errori, la vacuità, la capziosità della logica allora in uso nelle scuole. Se vi s'aggiunge poi quello che derivava dal suo spirito vivacissimo, inquieto, in traccia d'un vero nuovo e mal definito ancora nel suo pensiero, si avrà nel Valla l'uomo che poteva sollevarsi al di sopra delle opinioni accettate, e menare aspramente, come fece, la sferza su quelli ch'egli chiamava ì sofisti (3). — Ma anche i grandi ingegni mal si possono in tutto liberare dalle abitudini intellettuali di una scuola dominante; se per una parte essi precedono la loro epoca, e prevedono nuovi veri, per un' altra essi rimangono pur sempre figli della loro epoca, e si congiungono al passato. E il Valla benché qua e là minacci di toccar il sistema ontologico che serviva di base alla Dialettica, tuttavia in gran parte lo accetta. Talora, mentre combatte il modo vano d'argomentare degli avversari, s'agita egli stesso in vane logomachie, e s'impiglia in tutte le volgarità fisiche che viziavano la scienza del suo tempo. Ad onta di ciò la sua Dialettica ha ancora una importanza storica grandissima, poiché noi possiamo in essa studiare i primi movimenti della lotta iniziata in Italia contro la Scolastica. — Come nei libri del Bene, allontanandosi dalle vie generalmente battute, il Valla, in nome del senso comune e dell'esperienza, aveva ardito affermare che la Virtù non è fine, ma mezzo, e che il Sommo Bene per l'uomo consiste nella Felicità; come nel Dialogo sul Libero arbitrio egli aveva osato affrontare la schiera di tutti i teologi e teologanti, sostenendo che nel problema della Provvidenza divina la ragione non s' accorda colla fede; così nella Dialettica egli francava il pensiero dalla secolare tirannide di Aristotile, riconduceva gl'ingegni, vaganti per ismanie metafisiche, allo studio dei pro-
   (1) Diaìectìca, Praefatio.
   (2) Eistoria critica phisolophiae, Tom. IV.
   (3) Studiosos . . . a laqueis vindico et captionibus sophistarum. Qui nova qui de ni vocabula ad perniciem adversariorvm confixerunt. — Dialect., Lib. Ili, Praefat.