i 50
IL RISORGIMENTO.
Ma lasciamo gli Epicurei e gli Stoici, che erano pagani, e ragioniamo secondo le nostre credenze cristiane. — Anche secondo i! Cristianesimo la virtù non è da cercarsi per sè stessa. Noi infatti tolleriamo i digiuni, la nudità, la povertà, le ferite, la morte stessa, non per amore della virtù per sè, ma perchè crediamo n L'io, e speriamo da lui un premio. Senza fede è impossibile piacere a Dio; il giusto vi re per la fede, dice S. Paolo. Or la fede è seguita dalla speranza in Dio rimuneratore; dunque senza speranza di premio non è lecito servire nemmeno a Dio (1). Si dice: noi dobbiamo operar bene anche senza che ci sia proposto un premio, perchè Dio si deve amare per sè stesso. Sta bene; ma altro è amar Dio, altro è amare la virtù, la quale è faticosa, e queste fatiche sue diciamo non già di amarle, ma di sopportarle per amore di Dio. Ora questa tolleranza è virtù, e il ben fare non è da cercarsi per sè stesso. Se la virtù è da cercarsi per sè stessa, perchè siamo infelici quando la virtù non è seguita dal premio? Ma il premio la segue senza fallo; dunque non la virtù, ma il premio si cerca per sè, e per mezzo della virtù. « Ed io crederei che Dio avrebbe meco operato più benignamente e meglio, ov'.o potessi giungere alla stessa beatitudine senza i tormenti delle virtù, anziché per via di questi, e direi con Lui : Si fieri potest, transeat a me ealix iste. Ma la sua giustizia lo vieta (2). » Nel Vangelo, a queste parole : Ecce reliquimus omnia, et sequti sumus te, quid erit nobis? il Signore risponde coli'accennare al premio futuro, e non col dover faticare per amore della virtù, ben conoscendo che i chiedenti miravano ad altro (3). — Noi altri cristiani dobbiamo praticare il bene come scala a quella beatitudine che l'animo nostro godrà presso il Padre delle cose, quando esso verrà spogliato di queste membra mortali. Ora, la beatitudine è la voluttà piena ed intera, goduta dai serafini i* cielo. — Nè con ciò si deve intendere che la beatitudine sia Dio stesso (cioè che Dio sia la causa finale delle azioni umane). Come il diletto che si prova nell'udire una voce soave, non forma una cosa sola colla voce, ma questa fa sì che noi godiamo; cosi Dio non è una cosa sola colla beatitudine; Egli è il soggiorno dove abita e riposa la beatitudine, la fonte da cui questa emana (4). Si è per raggiungere questo stato finale dell'animo nostro, che noi dobbiamo praticare la virtù, e sopportare con fortezza le tabulazioni della vita attuale. Imperocché bisogna distinguere due specie di voluttà, una terrestre, l'altra celeste; quella proviene dalle cose terrene che arrecano piacere all'animo nostro, ed è imperfetta e fuggevole; questa invece emana da Dio, ed è perfetta e duratura. I cristiani, se vogliono godere della voluttà celeste, debbono astenersi dalla terrestre; qualunque cosa si faccia senza speranza della suprema beatitudine, o colla speranza soltanto della voluttà presente, è male, è peccato. Anche nella vita presente vi ha una certa voluttà, ma questa deriva specialmente dalla speranza di quella piena e durevole, che godremo in ciclo (5). Avevano, adunque, parimenti torto e gli Stoici, i quali riponevano il Sommo Lene nella virtù, mentre questa non è bene per sè, ma per il fine cui tende, —e gli Epicurei, i quali cercavano più la voluttà terrestre che la celeste e suprema. Soltanto i. Cristianesimo ha risolto il problema del Sommo Bene. Non è già che nei filosofi antichi non si trovino cose utili e salutifere, ma queste non ebbero efficacia so non dopo che Cristo, colla sua venuta, le rese atte a metter frutti salutari. In generale poi gli antichi tutti, non avendo conosciuto il vero bene, non fecero cosa degna di premio
(1) Ne Beo quidam sine spe remunerationis servi fas est. Lib. Ili, Cap. VII. — Vedi anche Apologia.
(2) Apologia cantra calumniatores.
(3) Apologia.
(4) De Vero Bono, Lib. Ili, Cap. Vili, IX, XII. — Beatitudo nostra non est ipsemet Deus, sed a Deo descendit, ut gaudium quod capto ex vidend,a clamtate, aut andienda suavi voce, non idem quod claritas aut vox, sed Ma faciunt ut gaudcam. — Vedi anche Dialettica, Lib. I, Cap. X.
(5) De Vero Bono, Lib. Ili, Cap. IX.