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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO TERZO, «•>- SVOLGIMENTO DELL'ERUDIZIONE. 127
   tanto quella che non s'infiacchisce nella prosperità, quanto quella che non si piega nelle avversità. Perù la giustizia è dei forti, e non differisce dalla fortezza se non in ciò, che questa ha riguardo a noi, quella invece ha riguardo agli altri. Cicerone disse che non può essere giusto colui che teme la morte, il dolore, l'esilio, la povertà, nè colui che all' equità antepone le cose a questa contrarie. — Da ultimo, adunque, la virtù consiste nel dominio di sè stesso. Ora, benché nel dominare noi stessi siamo spinti dall'amore, tuttavia in sè stessa questa passione è molesta. L'amore, che muove le fortezza, è misto di timore e di desiderio ; noi tolleriamo questa fatica per uno scopo, per non perdere un bene attualmente posseduto, o per raggiungerne uno che attualmente non possediamo. In ogni caso noi siamo forti, cioè virtuosi, per uno scopo diverso dalla virtù, al quale anzi la virtù serve di mezzo.
   Se così è, qual' è il fine della virtù ? se la virtù è volontà o amor del bene, qual' è il Bene sommo cercato dalla volontà? Gli stoici antichi riponevano il Bene sommo nella virtù, e per raggiungere questo scopo supremo raccomandavano la distruzione di tutte le tendenze dell' umana sensibilità, come quelle che mpediscono di conformarsi sempre alla ragione. Substine et abstine, essi dicevano, sopportate con fermezza tutti i dolor che provengono dalla lotta continua, che noi siamo costretti a sostenere contro le passioni; non contate per nulla la povertà, l'esilio, i ceppi, la morte, e tentate di sollevarvi al disopra di tutte le tendenze sensibili, fino a soffocarle, fino ad annientarle. L'uomo è tutto nella ragione; nel conformarsi ai precetti di questa, consistono il Sommo Bene e la suprema felicità. — Ma è forse questo il Bene supremo realmente cercato dall' uomo? Nella lotta contro i tormenti e le miserie della vita, c' è il sommo male e non il sommo bene ; affaticarsi, logorare l'esistenza, negandole tutte le cose piacevoli, in vista della sola virtù, senza sperare da questa alcun frutto, e infine credersi beato fra i tormenti del toro di Falaride, è più da pazzi che da virtuosi. — Tutti gli uomini appetiscono il bene e fuggono il male; la volontà umana è di sua natura ordinata al bene, come l'occhio è ordinato alla luce, ma questo bene non è la virtù, bensì il piacere (voluptas). La natura pose i piaceri nelle cose, e formò l'animo nostro ad essi inclinato: or, quel che natura formò non può essere se non lodevole e santo, imperocché essa sia lo stesso o quasi lo stesso che Dio (1). La natura è prodiga all' uomo di benefici e di utilità, e dolersi perch'essa talora nuoce, è dolersi di ciò che è naturale, è come lagnarsi di non esser nato immortale. D'altronde la maggior parte dei mali che affliggono l'umanità, come le guerre, i naufraghi e simili, sono dovuti all'uomo; se questi ubbidisse sempre alla natura come a madre indulgentissima, vivrebbe felicissimamente. Sta in noi procurarci il bene che si trova nella natura, scegliendo 1' utile che conduce alla voluttà. La quale altro non è se non il bene da qualunque luogo procurato e riposto nel diletto dell' animo e del corpo (2). Quelle che si chiamano virtù son fatte per conseguire la voluttà ; questa è la regina e quelle sono le sue ancelle (3). La voluttà è il fine supremo delle azioni umane, e noi tutti grandi e piccoli, civili e barbari, seguiamo e cerchiamo la voluttà. E questo non già perchè ce lo abbiano insegnato Epicuro od Anstippo, ma perchè così vuole la stessa natura, della cui sapienza non ci è lecito dubitare.
   Ipsaque deducit dux vitae dia Volwptas.
   Se la lite tra Epicurei e Stoici dovesse essere portata d'innanzi al tribunale del popolo, cioè del mondo, essa verrebbe senza dubbio risolta favorevolmente ai primi che predicano la voluttà, anziché ai secondi che sostengono la virtù (4).
   (1) Quod natura finxit atque formavit, id nisi sanctum laudabilemque esse non posse ( Vero Bono, Lib. I, Cap. X.). Idem est enim natura quod Deus auifere idem (Lib. I, l!ap. XIII;.
   (2) Voluptas est bonum undecumque quaesitum, in animi et corporis delectatione positura (Vero Bono, Lib. 1, Cap. XVII).
   (3) Lib. I, Cap. XXXIII-XXXIV.
   (4) De Vero Bono, Lib. 1, Cap. XLVIII-XLIX,