Stai consultando: 'Storia Letteraria d'Italia Il Risorgimento', Giosia Invernizzi

   

Pagina (120/380)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (120/380)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   (52 IL RISORGIMENTO.
   si è, che negli anni che corsero dal 1131 al 1443, il Valla scrisse molte delle principali sue opere, perchè, appunto nel 43, tornato in Roma, dovette presto fuggirne onde sottrarsi all'Inquisizione, che fieramente lo perseguitava, non solo per il suo opuscolo contro la Donazione di Costantino, ma anche per le opinioni da lui espresse nelle altre sue opere; lo che apparisce in gran parte dall'Apologia, che riparato in Napoli, egli mandò al Pontefice Eugenio IV. Noi pertanto, non potendo seguire il Valla nelle incerte vicende di quest' anni di sua vita, terremo invece dietro allo svolgersi del suo pensiero nell'affrontare i problemi più ardui della scienza e della vita. E comincieremo del problema morale, da lui risolto nel libro sulla Voluttà e sul sommo Bene, chè, in ordine di tempo, codesto libro è il primo cnjpi abbia scritto.
   Lo scopo ultimo delle azioni umane è il Bene. Ma in che consiste il Bene? — Sono note le due celebri dottrine, che divisero il mondo greco-romano. Il Sommo Bene, dissero gli Stoici, consiste nella Virtù: il Sommo Bene, dissero invece gli Epicurei, consiste nella Felicità. Amendue le scuole, appellandosi alla ragione, pervennero a risultati contrari ; gli Stoici sacrificarono la sensibilità umana, gli Epicurei fecero della soddisfazione eli questa lo scopo ultimo delle azioni dell'uomo. Venne poi il Cristianesimo, il quale, in sul primo suo apparire, anateniizzando la natura e la vita, ripose il Bene Sommo in un infinito al di là della vita terrena, volle il sacrifizio completo della sensibilità, e dei Santi fuori delle condizioni umane. E in seguito vennero le scuole teologiche del Medio Evo, le quali, ordinando a teoria i principii spontanei del Cristianesimo, e facendo larga parte alle dottrine dell'antichità, in ispecie a quelle di Platone e d'Aristotile, ripeterono in generale con S. Tomaso che il Bene supremo non può trovarsi, se non in Dio, alla visione del quale l'intelletto deve gradatamente sollevarsi, se l'uomo vuole ottenere la vera beatitudine. Quando poi rinacquero gli studi classici gli eruditi, abbandonando la morale della Scuola per dispetto della sua barbara forma latina, si appigliarono per la maggior parte allo stoicismo, e specialmente a quello esposto da Boezio nei suoi libri De Consolatane pliilosophiae per 1' armonia in cui esso si trovava coi principi essenziali del Cristianesimo. Ora il Valla, colla libertà e coll'ardimento, ch'erano propri del suo carattere, si domandò: il sommo Bene consiste egli veramente nella virtù? gli uomini, nel fatto, ed ubbidendo alle tendenze della lor natura, non lo ripongono essi invece nella Felicità? Il Cristianesimo stesso non ha egli fatto della beatitudine celeste, che è la felicità piena e completa, lo scopo supremo della vita? E a queste domande rispose coi tre libri della Voluttà e del Sommo Bene, che ne. riassumeremo per sommi capi (1).
   (1) De Voluptate et Vero Bono, Lib. Ili, compresi nell'ediz. di Basilea 1543.—Che questi tre libri siano stati scritti dal Valla prima delle altre sue opere apparisce, anzitutto, dal suo dialogo sul libero arbitrio dove è detto: nam primis quatuor libris (De consolation«> Boetìi) responclimus in opere nostro de vero Bono; poi anche dai libri di Dialettica (Lib. 1 Cap, X) dove, accingendosi a trattare delle virtù, dice: etsi haec in libris De Vero Bono tractavimus, non tamen hic otiosa erunt. — I libri De voluptate hanno forma di dialogo seguito in Roma tra un'eletta società di eruditi. Si trovano presenti Antonio Lusco, Ciucio Romano, Poggio Bracciolini, Melchiorre Scribano, zio del Valla, Leonardo Aretino, Antonio Panarmita, Niccolò Niccoli, ed altri tra cui anche il Valla, allora molto giovane. Soggetto del Dialogo è il Sommo Bene. Apre la discussione Leonardo Bruni, sostenendo le dottrine dell'antica scuola stoica: risponde Antonio Panormita in favore dell'epicureismo antico. Interviene poi Niccolò Niccoli, il quale, facendo osservare ai due interlocutori eh' essi hanno parlato da pagani e non da cristiani qual sono, risolve la questione senza dar ragione allo stoicismo, ma armonizzando la dottrina di Epicuro coi principi cristiani, e concludendo con un lungo discorso in cui tratta della Beatitudine celeste. Noi, nell' espor questo libro, non abbiamo potuto riprodurre la sua forma dialogica, e perciò credemmo di doverne far cenno qui.