capitolo secondo. — l'erudizione. <'>5
di questa donna sono, per verità, pochissima cosa: ci senti fiaccamente imitata la famosa canzone del Tetrarca all'Italia, ci trovi una lingua imbarbarita dall'abbandono e dal disprezzo in cui era lasciata dai dotti, pure in fondo c'è espresso con abbastanza di verità il timore che incuteva la spada fiammeggiante di Maometto, e it sentimento del male che proveniva dalla divisione politica dei principi italiani La Battista, negli ultimi anni di sua vita, si ritrasse in un monastero, e ivi mori l'anno 1450 (1). — Una sua nipote, Costanza da Varano, nata nel 1428 da Pier Gentile Varano e da Elisabetta Malatesta, figlia della Battista, — giovinetta ancora empiè di sua fama l'Italia. Suo padre era stato spogliato della signoria di Camerino, ed erano quindi rimasti lei ed un suo fratello Rodolfo privi di que.sto dominio. Or avvenne che nel 1442 Bianca Maria Visconti, moglie idi Francesco Sforza, soggiornasse per alcun cempo nelle Marche. Costanza, che aveva allora quindici ami , colse l'occasione e recitò d'innanzi a Bianca Maria un'orazione latina, nella quale la pregava ad ajutar suo fratello Rodolfo nel r»acquistare i domini di Camerino. L'ingegno della gio\ inetta parve prodigioso. Allo stesso scopo dell'accennata orazione furono rivolte alcune altre lettere latine ch'ella diresse al Duca Filippo Maria e ad Alfonso re di Napoli. Isè le sue istanze riuscirono vane, clié Rodolfo da Varano riebbe la signoria di Camerino. Costanza andò poi sposa ad Alessandro Sforza signore di Pesaro e mori giovanissima (2), lasciando una liglia, ch'ella chiamò col nome dell'avola Battista. Questa fu maritata (1450) a Federico duca d'Urbino, pronunciò orazioni latine, lodatissinie a quei tempi, d'innanzi ai duca Francesco Sforza ed al pontefice Pio II, e morì nel 1472.
Sono ancora di questa epoca due Isotte, l'una da Verona, detta Isotta da No-garola, che Seppe di greco e di latino, disputò di filosofìa, lasciò elegie e lettere latine, e per la sua dottrina s'ebbe le lodi di tutt' gli eruditi contemporanei — l'altra da Rimini, amante prima, poi moglie di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Essa ai suoi tempi fu paragonata a Saffo ; sul monumento erettole nella chiesa di S. Francesco in Rimini s'incisero le parole Divac. Isutlae: morì nel 1470 dì veleno propinatole da un Roberto, figlio naturale di suo marito Sigismondo e che questi morendo aveva lasciato erede Liisiem con lei dello Stato.
Quando Pio II adunò in Mantova il Conci1 io per incitare i principi cristiani all'impresa contro Turchi, una delle orazioni latine, che ivi si pronunciarono, e che fecero maggiore impressione sull'assemblea, fu quella d'Ippolita Sforza, figlia del duca Francesco, istruita nelle lettere greche da Costantino Lascaris. E distinte per conoscenza di greco e di latino furono Bianca d' Este figlia di Nicola III marchese di Ferrara, Doinitnla o Damigella Trivulzi figlia d'un senatore milanese di questo
Quando liberi e franchi
Esser potete, ogni giorno avanzando,
Non vi ricorda quando
La vostra accesa voglia stava unita?
Forte, intima e gradita
Da tutto il mondo era la vostra possa.
Uscite dalla fossa,
Rimembrivi dei vostri buoni antichi, Pro', saggi, valorosi, alti e pudichi.
(1) Vedi Tiraboschi, Lett. ital. tom. VI; Corniani, I secoli della ietti ital., voi. I, ediz. Pomba; Giacobini, Scriptores Umbriae.
(2) Alcuni dicono nel 1447 , altri nel 1460. Alcune orazioni e lettere di Costanza da Varano furono pubblicate dal Lazzaroni nel tomo VII delle sue Miscellanee; la sua lettera al duca Filippo Maria Visconti, e la risposta di questi a Costanza, si conservano in un codice in pergamena nell' Ambrosiana di Milano. — Così il Corniani, nei Secoli della lett. ital voi. I, ediz. Pomba.