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il risorgimento.
« Sparito è ornai l'oro, e già i rovi e le spine tornano a signoreggiare. La situazione su cui siamo riconducemi alla memoria Cajo Mario, per cui si mantenne l'impero di Roma, quando cacciato dalla patria, profugo e ramingo approdava in Àfrica, e assiso sulle rovine della distrutta Cartagine dicesi die meditasse sul destino di quella città non meno che sul proprio, e andasse fra sè considerando se egli o la rivale di Roma offrisse più grande esempio della instabilità della fortuna, io però non trovo alla devastazione che mi si spiega dinnanzi nulla che le si possa paragonare , tanto le calamità di questa sono superiori a quelle che mai piombassero sopra cosa fabbricata o dalla natura o dalla mano dell' uomo. Apransi infatti le istorie, e rivolgansi gli annali dei secoli passati ; mai si troverà esempio di più grande mutazione di quella che abbia sofferto questa città, la più bella e fa più magnifica di quante furono, e che da Luciano venne chiamata non pur città, ina quasi parte del cielo. E veramente è degno di lagrime che la madre di tanti eroi, di tanti illustri capitani, di tanti uomini famosi, la sede di tante virtù, la nutrice delle arti, la maestra della militar disciplina, l'esempio dei costumi, l'istitutrice delle leggi, la regina delle nazioni, giaccia ora, per l'iniquità della fortuna, spogliata 11011 solo della maestà deli impero, ma avvolta nella servitù e neìl'abbiezione, e, defor me gigantesco cadavere, non offra altre tracce della sua primitiva grandezza che quello che traspariscono dall'immenso cumulo di tante rovine ».
Che se in Poggio e negli altri eruditi i sentimenti ispirati da quelle memorie antiche morivano, il più delle volte, soffocati dalle abitudini rettoriche, in altri, nati dall'operare, essi suscitavano nell'anima l'audace speranza di ristabilire nella città dei papi gli ordinamenti civili e politici dell'antica Roma di Bruto e dei Gracchi: basta ricordare il nome di Stefano Porcari. E non pur nella politica, ma anche nelle altre manifestazioni della vita non si volle e non si onorò se non ciò che sentiva di greco e di romano. Fino i nomi cristiani si cangiarono in altri presi dalle lingue classiche antiche. Giovanili si trasformò in Gioviano o Giano; gli jteii, gli Annii, i Pier il, per la loco antica forma, suonarono meglio all'orecchio; chi fu di Belluno si chiamò Virunnum, chi di A^icenza Cimbriaco, e apparvero così il Campano, il Tu-dertino, il Tilernate, il Sabino e moltissime altre denominazioni tolte alle antiche Provincie del Lazio. Non passerà gran tempo e per nominar Dio parrà meglio dire gli Dei, lo Spirito Santo diventerà il soffio di Zefiro celeste, Cristo somiglierà a Minerva che balza dalla fronte di Giove, la Vergine di Loreto si chiamerà la Dea lauretana, e un papa dovrà agli Dei immortali la propria esaltazione alla Sede di S. Pietro.
Un tale culto entusiastico per 1' antichità rese erudite fino le donne. — Battista, figlia di Antonio conte di Montefeltro e sposa di Galeazzo Malatesta signore di Riinini, recitò orazioni latine d'innanzi all'imperatore Sigismondo, d' nnan/i al pontefice Martino V ed a molti cardinali: insegnò, dicesi, pubblicamente filosofia, e scrisse un trattato sulla fragilità umana e un altro sulla religione. 11 Crescimbeni poi ci ha conservato una canzone italiana della Battista, nella quale essa, rivolgendosi ai signori italiani, li esorta a cessar dalle lotte intestine, e ad unirsi contro un nemico possente, che li minacciava tutti di astrema rovina; e voleva forse alludere a Maometto II, che moveva v ittorioso verso Costantinopoli (1). I versi italiani
(1) Crescimbeni, Storia della volgar poesia, tom. III. — Ecco una strofa dell'accennata canzone:
E perche sfoghi alquanto il mio concetto Non v'accorgete voi che come stanchi, Rotti, poveri e manchi Sarete l'un con l'altro guerreggiando, Ch' un' anima possente e fier d'aspetto Di mezzo converrà che su vi branchi ?