capitolo secondo. — l'erudizione. <'>5
ciono obbliate senza redenzione nelle biblioteche (1). Eppure chi ha la pazienza di leggere alcune di quelle lettere e di quelle satire, nelle forme latine, dove giacciono ienza vita i moti violenti dell'orgoglio, l'ire e i rancori di un uomo, sente agitarsi un'età piena di nuove e forti energie, piena d'ardore per gli studi; vi riscontra un pensiero che pur movendosi m mezzo all'antichità risorta, ed imitandola, in sè racchiude i germi di uno spirito nuovo, e accenna a mettersi per un nuovo cammino.
Se dalle opere originali scritte dai traduttori e commentatori dell'antichità dei prim cinquant'anni del secolo XV, noi leviamo tutto ciò che v'ha in esse di pura erudizione, di capriccioso, di frivolo, di effìmero, in fondo vi troviamo le impronte delle tendenze del pensiero che abbiamo trovato in .Poggio Bracciolini. Gli eruditi già sollevano le quistioni che più interessano l'umanità. Sul principio essi lo fanno per semplice esercitazione rettorica, ma poi ne sentono il vero e grande interesse, e pieni di confidenza nella medesimezza dell' antico e del moderno, del pagano e del cristiano, procedono nello scioglierle mettendo insieme e citando, indifferentemente Cicerone e S. Basilio, Aristotile e S. Agostino: spesso l'avvenire lampeggia attraverso le visioni del passato. — Pier Paolo Yergerio il vecchio nel suo libro De moribus ingenuis studia le inclinazioni e gli affetti dell'infanzia, e traccia le leggi dell'educazione interiore ed esteriore (2) : Francesco Barbaro, un patrizio veneto lanciato in mezzo alle occupazioni del governo e della politica, scriveva un libro De re uxoria, che a' suoi tempi fu paragonato ai trattati di Cicerone, e in esso cerca i fondamenti e le leggi della famiglia, fondendo insieme quanto su questo argomento ne dissero i classici latini ed i padri della Chiesa cattolica (3). Mentre questi ed altri moltissimi eruditi scrivevano di cose morali, altri volgevano la loro attenzione agli avvenimenti storici e specialmente ai fatti contemporanei. Il maggiore di questi storici eruditi fu Enea Silvio Piccolomini, che stese i Commentarii de'tempi suoi. Egli nacque nel 1405 nel villaggio del contado Sanese che oggi chiamasi Pienza. Giovane ancora accompagnò, in qualità di segretario, il cardinal Caprano al Concilio di Basilea, dove parteggiò contro Eugenio IV. In seguito fu segretario dell'imperatore Federico III, e da questi incaricato di molte e rilevanti ambascerie e missioni. Viaggiò l'Inghilterra, la Scozia, l'Ungheria, la Germania e la Francia. Da EugenioIV ebbe il vescovado di Trieste e da Nicola V quello di Siena ; Calisto III lo fece cardinale, e finalmente il Conclave lo portò al Pontificato (1458). Si fece chiamare Pio II, e nulla tralasciò onde riunire tutta la cristianità contro i Turchi signori di Costantinopoli,ma mori senza poter compiere l'impresa (1464). — Oltre i Commentarii sulle cose avvenute in Italia dal 1405 al 1463, divisi in dodici libri, Enea Silvio scrisse anche due libri di Commentarii sugli atti del Concilio d: Basilea, libri ch'egli stesso condannò poi con una bolla quando fu papa, una storia della Boemia e un'altra di Federico III, una
(1) Il Corniani dice che vi fu un tempo in cui si scelsero delle lettere del Filelfo per uso delle scuole — Secoli della Lett. ital. Epoca III art. X.
(2) Pier Paolo Vergerìo nacque in Capo d'Istria verso la metà del secolo XIV. Fu dotto di diritto civile, di matematiche e di greco, che imparò dal Crysolora. Oltre al trattato De Moribus Ingenuis a richiesta dell'Imperatore Sigismondo, voltò in latino la storia della spedizione di Alessandro il Grande d'Arriano. Il Corniani dice che il Vergerio fu in modo singolare caro al cardinale Zabarella, che accompagnò questo prelato al Concilio di Costanza, e che morì in questa città non si sa in qual anno.
(3) Francesco Barbaro nacque nel 1398 da famiglia patrizia veneta. A ventun anno era già salito in tanta riputazione di dottrina e di prudenza che ad onta del divieto delle leggi venete fu dal Maggior Consiglio ammesso tra i Senatori. Governo diverse città in nome della repubblica veneta, fu seelto a molte ed importanti ambascerie, e finalmente diventò Procuratore di S. Marco. Mori sul finire del gennajo del 1454.
Oltre l'opera De re uxoria, rimangono anche altre opere di Francesco Barbaro. Vedi specialmente Agostini, Istoria degli scrittori veneziani, tom. II.
Inverntzzi. — Il R'xnrgimento. 13