capitolo secondo. — l'erudizione. <'>5
10 accolse freddamente. Ei passò allora a Bologna che gli diede la cattedra d'eloquenza e di morale con quattromila fiorini d'oro di stipendio- Ma le agitazioni politiche sorvenute in questa città, alcuni mesi dopo il suo arrivo, lo obbligarono ad abbandonare quest'ufficio (1). Fu allora che il Filelfo accettò l'invito di Niccolò Niccoli, del Bruni e del Traversari, e si recò a Firenze a spiegarvi i classici greci e latini (1129). « Di buon mattino, dice Ambrogio Traversari, egli spiegava ed illustrava le Quistioni Tusculane e il trattato della Rettorica di Cicerone, le Deche di Tito Livio e l'Iliade d'Omero. Dopo un intervallo di poche ore, passava a spiegare Terenzio, le Epistole e le Orazioni di Cicerone, Tucidide e Senofonte: oltre a ciò dava giornalmente lezioni di morale ». Il Rosmini poi aggiunge che il Filelfo, nei giorni festivi, spiegava la Divina Commedia nella Chiesa di S. Maria del Fiore.
I fiorentini ammiravano tanta attività, e in folla accorrevano alle sue lezioni. « Tutto il paese è in me rivolto, scriveva il Filelfo a Giovanni Aurispa, tutti mi amano, mi onorano e mi lodano a cielo. Il mio nome è sulla bocca di tutti. Quand'esco di casa, non solo i primari cittadini, ma le più nòbili matrone, mi cedono
11 passo, in guisa che io ne arrossisco. Ogni dì quattroceuto e più scolari mi ascoltano, e questi la più parte uomini di gran conto e d'ordine senatorio » (2). Questi trionfi l'inorgoglirono a segno tale che non solo guardava con aria di scherno tutti gli altri dotti fiorentini, ma ravvisava un nemico in ognuno che non si profondesse in esagerate lodi ed in adulazioni del suo ingegno e della sua dottrina. Egli sospettava di tutti, di Nicolò Niccoli, di Carlo Aretino, di Cosimo e di Lorenzo dei Medici, e di tutti diceva male. E quando poi un giorno corse pericolo di essere assassinato per le vie di Firenze, i sospetti diventarono per lui realtà. La sua fantasia si popolò di nemici; stando a lui era cosa certissima che Cosimo dei Medici avea prezzolato il sicario che aveva tentato alla sua vita.
Da questo momento il Filelfo non conobbe e non mise più alcun freno all'orgoglio e alla violenza del suo carattere. Si schierò tra i nemici di Cosimo, e gli scagliò contro una serie d'ingiurie così basse, così scurrili e talvolta così atroci che fastidiscono a leggerle e fastidirebbero troppo a riferirle ora qui. La venusta e severa grandezza della lingua di Roma dovette, nelle mani del Filelfo, piegarsi ad accogliere ed esprimere l'orgoglio atrabiliare e la scurrilità d'un uomo di grandissimo ingegno.
Cosimo dei Medici cadde e fu esiliato, ma presto tornò trionfante in patria. 11 Filelfo allora lasciò Firenze, e riparò a Siena, dove, pur non cessando di scagliar satire e invettive e ingiurie contro i suoi nemici, traduceva gli Apoftegmi degli antichi e grandi capitani di Plutarco, cominciava un'opera (lasciata poi incompiuta, e che è ancora inedita) intitolata: Meditationes florentince, De exilio, e scriveva una gran quantità di lettere filosofiche [e letterarie. — Intanto Eugenio IV, l'imperatore greco, il Senato Veneto, Perugia, Filippo Maria Visconti e Bologna, a gara gli offrivano onorevolissimi e lucrosissimi uffici. Bologna per [soli sei mesi d'insegnamento nella sua università gli prometteva quattrocento cinquanta ducati. Filelfo passò i sei mesi a Bologna, poi accettò le offerte di Filippo Maria Visconti, e si rati a Milano. Il soggiorno in questa città segna un momento di pace e di tranquilli studi nella sua vita. Morto Filippo ei s'acconciò prima colla Repubblica Ambrosiana, poi anche col nuovo duca Francesco Sforza, che l'ebbe caro, ma che non gli potè impedire di recarsi a Napoli a visitare Alfonso d'Aragona. In Napoli lo aspettavano nuovi trionfi. Re Alfonso lo creò cavaliere, e di propria mano lo inco-
opere di Senofonte, un' orazione di Lisia, gli Argonauti e gli inni d'Orfeo, Callimaco; la Storia degli animali, la Fisica, la Metafìsica, il trattato de anima di Aristotile ; alcuni sermoni di Grisostomo, Dionysiana, e molti altri poeti. (Ambrosii Traversari, opera, toni. II. pag. 1010. Citati da Shepherd — Vita di Poggio, Cap. VI).
(1) Bologna, ribellatasi al pontefice Martino V, era stata eintà d'assedio dalle armi papali.
(2) Philelphi, Epistola.