capitolo secondo. — l'erudizione. <'>5
Poco dopo le Facetiw apparve un altro libro di Poggio intitolato: Bistorta discepta.tiva convivalis (1). Essa è divisa in tre parti; nella prima si discute se debba chi convita render grazie ai convitati, o questi a quello; nella seconda si esamina quale sia miglior arte, la medicina o la giurisprudenza; nella terza infine se la lingua latina fosse universalmente parlata dai Romani, o se il volgo avesse una lingua diversa da quella dei dotti. È la stessa quistione che noi abbiamo visto essere trattata da Leonardo Bruni, e che Poggio risolve come Flavio Biondo, sostenendo che in Roma una sola era, la lingua parlata dai dotti e dal volgo, con questa differenza che le persone colte la parlavano più elegantemente delle incolte.
Poggio Bracciolini era venuto in tanta reputazione, che quando per la morte di Carlo Aretino rimase vacante il posto di cancelliere della repubblica fiorentina, questo, anche pel favore che gli accordava Cosimo de'Medici, fu offerto a lui. Mentre occupava questo uffizio Costantinopoli cadde in potere dei Turchi (1453). Collo spaventevole annunzio di questa caduta comincia un dialogo, eh' egli allora pubblicò, sulla Miseria dell'umana condizione, e in cui è riferita una conversazione tenuta fra Cosimo de' Medici, Matteo Palmieri e Poggio sulle dolorose vicende della vita. Fu ancora in quest'epoca ch'egli tradusse l'Asino di Luciano, e scrisse gli otto libri delle Storie fiorentine (2). Questa è l'ultima opera di Poggio. Essa comincia dal 1350 e va fino al 1455; e fu voltata dal latino in italiano e compiuta da suo figlio Jacopo, poiché l'autore morì (30 ottobre 1459) prima di poterla rivedere e compiere-Le spoglie di Poggio furono dai fiorentini solennemente deposte in Santa Croce.
Vissuto in un'età piena di contraddizioni, di corruzione, di anarchia, di lotte, di energia e di nuove ed inconsapevoli aspirazioni, il Poggio in sé la riassume e la rappresenta. Cattolico e segretario dei Pontefici, egli minaccia le pene eterne degli eretici all' antipapa Felice, ed ammira Girolamo da Praga, e sferza a sangue frati, monaci, vescovi e fin due cardinali che sono tenuti dalla Chiesa in conto di beati ; parla della virtù nel modo severo e solenne degli stoici, e scrive le sue sconcie facetiae; talora ei non è che un erudito, che vive contemplando il mondo antico, tal altra è un uomo che vive e lotta nella realtà presente ; in una pagina de' suoi scritti tu non trovi altro che il retore, in un altra trovi un uomo che scrive agitato da violenti passioni ; a tratti egli ti schiude l'avvenire, a tratti ti ripiomba nel passato. E tuttavia in mezzo a queste contraddizioni già cominciano a svolgersi i germi di un nuovo mondo spirituale. — L'avarizia, dice il Poggio, è un vizio detestabile, ma bisogna distinguerlo dal desiderio delle cose utili alla vita, che è buono, perchè è secondo natura, perchè è lo stimolo possente della multiforme attività umana, perchè è il fondamento della famiglia, dello Stato, della prosperità sociale. Noi non dobbiamo fare come quelli che col pretesto della religione si procurano il vitto senza fatica e senza sudore, e sprezzano le cose utili alla vita, e predicano la povertà, mentre traggono
Cincio Romano. Ora tutto quello che di curioso, di piccante, di strano si disse nei convegni di questi uomini, servì a costituire la materia delle Facetiae. (Liber Facetiarum, conclusio). — Secondo lo Shepherd, il Legrand nella sua opera sui Fabliauoc dice che molte delle Facezie di Poggio si trovano anche nei Fabliaux o novelle sparse per l'Europa dai poeti provenzali dei secoli XII e XIII. Lo stesso autore inglese, in una nota, indica le facetiae corrispondenti ai fabliaux (vita di Poggio, cap. X).
(1) Eistoria disceptativa convivalis. Poggii, opera, ediz. di Basilea.
(2) De humanae conditionis miseria. — Asinus Luciani per Poggio e graeco in la-tinum versus. Poggii opera ut supra. — La storia di Firenze tradotta e completata da Jacopo Bracciolini fu stampata a Venezia nel 1476, e ristampata più volte dappoi. Per lungo tempo questa versione tenne luogo dell'originale latino, che fu pubblicato soltanto nel 1715 in Venezia da Giov. Battista Recanati nobile veneziano. — La storia di Firenze del Poggio fu ripresa di soverchia parzialità pei fiorentini. Il Sannazaro, più tardi, diceva di essa:
Dum patriam laudai, damnat dum Poggius hostem, Nec malus est civis, nec bonus historicus.