(52
il risorgimento.
cll'ei reagisca contro le credenze e le tendenze del passato. No: come il Guarino da Verona, come la maggior parte degli eruditi suoi contemporanei, egli s'accontenta dello studio tranquillo dell'antichità; i cangiamenti nella direzione intellettuale s'operano anche in lui inconsapevolmente ; le credenze del Medio Evo giacciono ancora in fondo alla sua anima, e basta che s' offra uria occasione esteriore perchè esse si tolgano da quello stato d'inerzia in cui le mantiene la preoccupazione dell' antichità. — Un giorno Poggio Bracciolini gli dirige da Costanza una lettera, nella quale lo informa del supplizio di Girolamo da Praga, non celando il suo interesse e la sua ammirazione per l'eretico alemanno. Che cosa risponde il Bruni ? « Ho ricevuto, egli dice, la vostra lettera sui supplizio di Girolamo, della quale ammiro l'eleganza. Sembrami però che vi diffondiate in esaltare i meriti suoi, più di quello che avrei voluto. Vero è che ogni tanto mitigate il vostro giudizio, tuttavia non so qual maggiore affezione si possa dimostrare per la sua causa. Io credo che sopra oggetti simili si debba scrivere con maggiore circospezione (1) ». Quella voce che si levava ad ammirare chi moriva eroicamente per la libertà dell'umano pensiero, suonò un po'ingrata all'orecchio dell'Aretino; la sua anima non era ancora penetrata dallo spirito largo e tollerante che c'era nella lettera inviatagli da Poggio.
Ma Poggio Bracciolini era uomo d' altra tempra del Bruni ; 1' antichità aveva operato in lui una maggiore trasformazione. — Poggio era nato l'lì febbraio 1380 nel castello di Terranova presso Arezzo. Suo padre Guiccio era stato notajo, e aveva goduto di molti beni di fortuna. Caduto però, non si sa nè come, nè perchè, in mano ad un usurajo, da ricco egli era diventato povero, e, gravato dai debiti, era stato costretto a fuggire da casa, lasciando la sua famiglia nella miseria. Ad onta di questa triste coudizione domestica, il Poggio era stato mandato allo studio di Firenze. Quivi egli imparò il latino sotto la direzione di Giovanni da Ravenna : Il greco pare che non lo imparasse già dal Crysolora, come si è creduto da molti suoi biografi ed anche dallo Shepherd, ma da sè stesso, in età già matura quando fu in Roma segretario apostolico di Martino V (2). — A ventidue anni, pieno del sapere ch'era di moda a'suoi tempi, il Poggio si recò a Roma, dove fu accolto alla Corte Pontificia come scrittore delle lettere apostoliche (1402). La Corte romana offriva a quest' epoca lo spettacolo del massimo disordine materiale e morale. Lo scisma durava già da più che vent' anni, nè accennava ancora al suo termine. Papi e antipapi che si scomunicavano a vicenda, cardinali e vescovi che parteggiavano o per gli uni o per gli altri e si combattevano accanitamente, frati e monaci dimentichi d' ogni cura spirituale e posti sul pendio di una spaventevole corruzione, pochi animati ancora da un verace sentimento religioso, ma tristamente pensosi dell' avvenire della Chiesa cattolica, e che univano la loro voce alle voci di riforma ecclesiastica che giungevano da ogni parte d'Europa ; — ecco lo spettacolo che si offri al giovine erudito toscano non appena ebbe messo piede nella Curia romana. Le impressioni cli'ei ne subì sono consegnate nelle sue opere, ed esercitarono una grandissima influenza sulla sua vita intellettuale. — Passarono i pontificati di Bonifazio IX, di Innocenzo VII e di Gregorio XII, e il Poggio, eh' era sempre scrittore delle lettere apostoliche, anziché cessare , vide crescere ogni dì più le discordre dello scisma. Venne il Concilio di Pisa, e il disordine toccò al colmo. Per le nuove divisioni della Corte pontificia, molti de' componenti di questa si ritirarono, e fra gli altri Poggio, che fece ritorno a Firenze. Ma poco dopo, papeggiando Alessandro V, ei riprese il suo ufficio nella Cancelleria pontificia. Finalmente Giovanni XXIII decise la riunione del Concilio di Costanza, e Poggio formò parte della Corte che accompagnò il Pontefice in Germania. Giovanni XXIII è deposto dal Concilio, la sua Corte si
(1) L. Bruni Aretini Epistolae. Lib. IV, epist. IX (raccolta del Mehus).
(2) Così afferma il traduttore italiano (Tonelli) della vita che lo Shepherd scrisse di Poggio; le sue affermazioni sono appoggiate sopra lettere del Poggio stesso. Capit. I, p. 7, nota b.