capitolo secondo. — l'erudizione. <'>5
dare esempi a quelli che saranno, delle mutazioni e delle cose passate, e le cagioni e perchè, acciocch'eglino si esercitino adoperando le virtudi, e schifando i vizj, e l'avversitadi sostengano con forte animo a bene e stato delia nostra repubblica. — E nel raggiungere il loro scopo essi avevano un immenso vantaggio: per loro non era necessario di formarsi colla riflessione lo spirito del tempo e delle cose che volevano descrivere, perch'esso viveva nelle loro coscienze con tutta la pienezza e concretezza de' suoi elementi: bastava che lo riproducessero esteriormente nel loro racconto. Ed essi infatti lo riprodussero vivente e concreto nel popolo, nelle persone, nelle azioni, nelle parole. In niuna storia noi abbiamo la verità così spontaneamente raggiunta ed espressa, in niuna storia essa piace tanto, anche spoglia com' è d'ogni forma riflessa dell' arte storica. — Ma con Leonardo Bruni la storia assume un tutt'altro carattere. Prendiamo, ad esempio, le sue Storie fiorentine. In esse le favole, ingenuamente introdotte dai cronisti del trecento nei loro racconti, sono scomparse, i fatti sono riassunti ed esposti con più d'ordine e di garbo, vi si sente il colto fiorentino educato alla bella forma dallo studio dei classici antichi; ma lo scopo dei cronisti non c' è più. Giovanni Villani apparisce sempre come un uomo unicamente preoccupato dal pensiero della repubblica fiorentina e della sua grandezza; egli vuol far servire il presente a scuola dell' avvenire, e però, non si limita a dar notizia dei fatti più strepitosi, ma penetra con minuzia amorosa e previdente nell'intimità della vita, e cerca ed espone anche le minime cause dei fatti eh' ei crede utili o dannosi alla repubblica, e scrive inoltre il suo libro in piano volgare acciocché gli laici siccome li illetterati ne possano ritrarre frutto e diletto. Ma 1' Aretino, col-l'anima in cui s'andavano cancellando i motivi ed i fini che avevano appassionato il vecchio cronista fiorentino, in mezzo ad un popolo che veniva ogni dì più allontanato dalla vita politica, colla mente soverchiata dall' erudizione antica, in mezzo ad una società che non pregiava più se non quello che assumeva sembianza di greco o di romano, l'Aretino, dico, prende i fatti della storia come materia d' esercitazione letteraria, e col modello di Tito Livio d'innanzi agli occhi toglie a narrare la storia fiorentina, adoperando il latino ignorato dal popolo. Non guidato che da un interesse letterario ed astratto, egli accoglie in essa tutto ciò che può assumere le forme di una certa eleganza convenzionale, e sdegna tutto il resto. Però tu ci trovi tutto quello che forma la parte esteriore della vita di un popolo, cioè le battaglie, le ambascerie, le feste e simili altre circostanze;ma nulla di ciò che v'ha in essa di più intimo, di ciò che i cronisti mettevano spontaneamente nei loro racconti, di ciò che il genio di Macchiavelli cercò più tardi nella storia. Il suo racconto ad onta delia bella forma latina con cui talora ci si presenta, non sveglia in noi nessun grande interesse, perchè non ci troviamo nè la verità dei cronisti, nè lo scopo scientifico del Macchiavelli: tutto nelle storie del Bruni assume un carattere convenzionale ed astratto. Egli è necessariamente fuori dello spirito dei tempi e delle cose che descrisse, e vi rimane: i personaggi diventano belle statue prive di vita; i discorsi, che ad imitazione di Livio, mette loro in bocca, hanno tutti i difetti di quelli del suo grande modello; sono occasioni di declamazioni rettoriche estranee alle passioni ed alle idee che realmente si agitarono nel cuore e nel pensiero di chi si suppone li pronunci; le battaglie sono il tipo di tutte le battaglie in generale; tutti gli elementi insomma invece di riuscire ad una vera e drammatica rappresentazione del passato, non riescono che ad una artificiale e inanimata rappresentazione di esso. Di tutte le cose storiche dell' Aretino quelle che si leggono con più piacere sono anche quelle dov'egli ci ha messo meno d'imitazione e d'erudizione antica, cioè il Commentario delle cose operate
a' suoi tempi. Iv
i senti ancora 1' uomo e qualche poco dello spirito della torbida età in cui s'imbattè a vivere.
E dopo ciò per opera di Leonardo Bruni e più tardi di Poggio Bracciolini, che cosa introdusse l'erudizione nel modo di scrivere la storia1? 11 nuovo elemento introdotto è la forma artistica, tolta agli storici dell' antichità, e specialmente a Tito Livio; ina siccome non c'era nell'anima del Bruni e dei dotti suoi contemporanei niun vero e grande interesse politico, sociale o religioso che li guidasse a cercar