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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   (52 il risorgimento.
   la sua instancabile attività intellettuale, e come per opera sua fosse grandemente progredita la conoscenza dell' antichità. Invano però si cerca in esse la manifestazione di una di quelle menti vaste, profonde, divinatrici, che raccolgono e fondono insieme una gran massa di cognizioni, rivelando l'avvenire. Anche nelle opere originali del Bruni voi sentite una erudizione che rimane inerte nel pensiero, una congerie d'idee, raccolte da ogni banda, che non hanno nè moto rie vita nell'intelletto, dei modellr contemplati e studiati con lungo ed appassionato amore, che tuttavia non agiscono come forze risvegliatrici di nuove idee e di nuovi sentimenti nello spirito. Lasciamo infatti da parte le orazioni e le lettere dei Bruni, e prendiamo le opere sue originali più pregiate e più importanti, voglio dire le storie. — Egli scrisse la Storia fiorentina in dodici libri, cominciando dalle origini di Firenze, e venendo fino al 1404; distese un Commentario delle cose accadute a' tempi suoi dal principio dello Scisma occidentale fino al MIO; trasse da Procopio una storia della guerra italica contro i Goti; cercò di supplire con tre libri della guerra punica ad una lacuna di Tito Livio; s'occupò dei Greci antichi, e scrisse un commentario delle cose da essi operate, cominciando della vittoria navale degli Ateniesi sopra i Lacedemoni alle isole Argiensi, e terminando colla morte di Epaminonda.— Ora qual è il carattere di queste storie1? e poiché col Bruni noi vediamo apparire un modo di trattare la storia diversa da quello dei cronisti italiani del trecento, qual è, domandiamo, il carattere principale di questa forma letteraria1?
   Quando il Macchiavelli imprese a scrivere le Istorie fiorentine, aveva in animo di cominciare il suo racconto dai tempi di Cosimo de' Medici, perchè pensava che Leonardo B^uni e.Poggio Bracciolini avessero narrato particolarmente tutte le cose-che in quei tempi indietro erano seguite. « Ma, continua egli, avendo io dipoi diligentemente letto gli scritti loro, per vedere con quali ordini e modi nello scrivere •procedevano, acciocché imitando quelli, la istoria nostra fosse meglio dai leggenti approvata, ho trovato che nella descrizione delle guerre fatte dai Fiorentini con i principi e popoli forestieri sono stati diligentissirni; ma delle civili discordie e delle intrinseche inimicizie e degli effetti che da quelle sono nati, averne una parte al tutto taciuta, e quell'altra in modo brevemente descritta che ai leggenti non puote arrecare utile o piacere alcuno. Il che credo facessero o perche parvero loro quelle azioni sì deboli che le giudicarono indegne di essere mandate alla memoria de'de lettere, o perchè temessero di non offendere i discesi di coloro i quali per quelle narrazioni si avessero a calunniare. Le quali due ragioni (sia detto con loro pace) mi paiono al tutto indegne di uomini graftdi. Perchè se niuna cosa diletta o insegna nella storia è quella che particolarmente si descrive; se niuna lezione è utile a' cittadini che governano le repubbliche, è quella che dimostra le cagioni degli odj e delle divisioni della città, acciocché possano, col pericolo d'altri, diventati savj, mantenersi uniti. E se ogni esempio di repubblica muove, quelli che si leggono della propria, muovono molto più, e molto più sono utili » (1). — Queste osservazioni del Macchiavelli ci danno molti dei caratteri delle storie dell'Aretino, e ci aprono la strada per rintracciare altri. — I cronisti italiani del Medio Evo descrivevano con inimitabile verità e semplicità i fatti, gli avvenimenti e le circostanze che avevano sotto gli occhi. Uomini per lo più lanciati nel più fitto delle lotte politiche e civili della generazione in mezzo a cui vivevano, essi nel tramandare ai venturi le memorie delle cose operate, avevano un interesse vivo ed immediato. Volevano lasciare ai loro figli, a quelli che sarebbero lor succeduti nel governo della cosa pubblica, delle massime da seguir nella pratica, dei solenni esempi di virtù da imitare e di vizii da schivare, volevano arricchirli di tutta la loro esperienza, rivivere nello spirito delle generazioni future, e dirigere così ancora i movimenti politici e sociali delle loro città. Io mi proposi, dice Dino Compagni, di scrivere a utilità di coloro che saranno eredi dei prosperevoli anni; e parimenti Giovanni Villani — scrivo, dice, per
   (1) Istorie fiorentine. Proemio.