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il risorgimento.
licet mimis convenianl, recitandos impudicis ìiominibus, qui sic abjecti sunt ha-biti, ut ne tribui quidcm digni censerentur annumerando. lieve tecum sentio, et sic improbo, ut surdis auribus audienda et cgocìs oculis legenda, sed tamen legenda, ut quod dicìiur de legendis rosis spina,' relinquendce.....
E nel resto di questa lunga epistola il Guarino continua mostrando che anche S. Gerolamo e S. Agostino fecero grandissimo conto degli studi profani e degli antichi scrittori, e volgendosi finalmente a Giovami- da Prato conchiude così: Tu itaque cum viros sanctos Deo placitos omni disciplina cum genere ac numero pienissimo s testes audieris, auditos perpenderis, perpensos judicio adìiibueris, sententiam contra te prò tribunali proferes: in qua proferenda ita te audies, ut aliorum te Consilia non auferant.
Ma il Guarino s ingannava, imperocché uno degli effetti dell'erudizione antica fu appunto quello di far rivivere lo spirito del paganesimo, non pur nella scienza e nella poesia, ma altresì nella religione e nei costumi: frati e teologa lo presentirono e però si sollevarono contro la restaurazione della letteratura antica.
Intanto, per tornare al proposito nostro, che cosa troviam noi in fondo a queste contraddizioni del Guarino1? quali sono le tendenze ed i caratteri di questo gran moto di~ erudizione che soverchia le menti italiane del secolo XY? — Come s'è visto, sarebbe un errore quello di fare del Guarino da Verona un incredulo, un uomo che consapevolmente reagisse contro le credenze del Medio Evo; l'incredulità e la reazione vennero, ma più tardi. Gli eruditi dei primi anni del Quattrocento non intendono sottrarsi all'autorità religiosa, non intendono mettersi 111 opposizione collo spirito del Medio Evo: essi spaziano con inconscia libertà fuori dalla cerchia tracciata dalla teologia, dilargando ndefinitamente l'orizzonte del pensiero; ess accettano i fini, le norme, le virtù dello spiritualismo cristiano, ma, attirati dalle splendide grandezze dell'antichità, conciliano il paganesimo col cristianesimo, trasportano
10 spirito del vangelo tra gli antichi, abbracciano e fondono insieme due epoche gettando così le basi d'un mondo intellettuale e morale più vasto e più completo. — Tranne però codesto moto inconscio di libertà del pensiero e codesta loro aspirazione al generale, nel Guarino e ne' suoi contemporanei nulla ancora troviamo che accenni all'epoca del Pulci, del Pomponazzi e del Macchiavelli.
Questi caratteri e questi limiti si riscontrano in parte anche nel modo con cui
11 Guarino commenta ed interpreta gli antichi scrittori. — Egli infatti versa ne' suoi commenti ogni specie di erudizione greca, latina ed anche assira, egizia e caldaica, e la volge all'interpretazione delle parole. Qui però s'arresta: l'antichità trova in lui uno spirito che passivamente l'accoglie e la contempla, ma in cui non si sveglia nè una riuova idea, uè un nuovo problema. — Col Guarino la critica propriamente detta e la filosofìa non sono ancora nate; egli non fece che raccogliere e preparare i materiali che dovevano servire di base all'attività futura del pensiero italiano.
E nient' altro che illustri raccoglitori e commentatori dell'antichità, alla maniera del Guarino, furono Giovanili Aurispa e Gasparino P>arzizza. Il primo (1) recava dalla Grecia 238 manoscritti (2), e spendeva la sua vita nell' emendarli e nel commentarli; l'altro (3) insegnava pubblicamente n Padova ed in Milano, scopriva
(1) Giovanni Aurispa nacque in Sicilia verso il 1309. In età già matura si recò a Costantinopoli, e reduce in Italia insegnò pubblicamente lingua greca in Bologna, in Firenze ed in Ferrara. Morì in quest'ultima città nel 1490. Fu segretario di Eugenio IV e di Nicola V.
(2) Tra questi c' erano le poesie di Callimaco e dì Pindaro, quelle attribuite ad Orfeo ed altre, non che le opere di Platone, di Proclo, di Plotino, di Senofonte, le storie di Ar-riano, di Dione, di Diodoro Siculo e di Procopio, la Geografia di Strabone ecc.
(3) Gasparino Barzizza nacque nel paese di questo nome, presso Bergamo, nel 1370. Insognò in Venezia ed in Padova, poi nel 1400, invitatovi dal Duca Filippo Maria Visconti, si recò a Milano, dove rimase fino alla sua morto, seguita nel 1431. Il suo libro « Epistola? ad exercitationem accomodata?, » fu il primo stampato a Parigi.