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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   il risorgimento.
   sui suoi contemporanei A' suoi tempi gi' impulsi del movimento del pensiero movevano tutti dall' antichità greco-latina, apparsa sull' orizzonte intellettuale. Nelle opere italiane del trecento tu senti vivere tutto il medio evo italiano col suo spiritualismo trascendente, temperato dalle inclinazioni istintive al terreno ed all'umano proprie della stirpe latina, con quella sua mescolanza dì astratto e di concreto, di fattizio e di spontaneo, di convenzionale e di profondamente sentito, coi fini religiosi e politici che appassionavano la coscienza degli uomini, colle sue libertà e le sue lotte, con tutta infine l'immensa ricchezza delle sue virtù e de' suti vizi. Quando il Medio Evo italiano volge al suo fine, tu senti ancora nelle opere del Petrarca e de' suoi contemporanei 1' ultimo eco di quella età turbolenta, misto a voci che annunziano un' epoca nuova. Qui apparisce chi piange sui dolori della Chiesa, e si fa tristamente pensoso dei destini futuri di lei; là cln si leva contro di essa, e maledice alla simoniaca di Avignone, alla prostituta di Babilonia, e, novatore audace, invoca riferme : altrove senti ancora l'ire partigiane, le invidie, le vendette delle città rivali e il fragore delle guerre cittadine. Ma sul principio del quattrocento, la letteratura ti apparisce all'intutto divisa dalla vita del Medio Evo. La Chiesa s'agita in mezzo alle lotte dello Scisma e dei Concili, gli Stati s'urtano in guerre continue, abbandonati all'ambizione dei Signori e dei Condottieri, il mondo italiano è pieno di corruzione, di malcontenti, di collere, di aspirazioni; ma il pensiero non s'impone più problemi sorti dalle agitazioni attuali della vita religiosa e politica, la poesia non trae più di qui le proprie ispirazioni; dotti vivono in un mondo astratto, e, non preoccupati che dell'antichità, pensano e scrivono latino. Ben è vero che leggendo le loro opere noi vi troviamo ancora traccie del mondo teologico-morale del Medio Evo; ma chi ben osservi s'accorgerà che quel mondo giace senza vita, e quindi senza efficacia: di veramente vivo ed operante sullo sviluppo dei sentimento e del pensiero non c'erano che le reminiscenze dell'antichità. Esse risuscitavano i ricordi della passata grandezza d'Italia, e recavano seco il culto d aspirazioni e di virtù armonizzanti con quelle che cominciavano a sorgere nella coscienza italiana. Era d' altra parte ancor viva] la memoria del Petrarca, dell' amore che il grand'uomo aveva portato all'antichità; tutti rammentavano le parole con cui egli aveva esaltato a cielo la grandezza politica, morale ed intellettuale degli antichi romani, e fatto sperare il ritorno della grand'epoca di Roma, ove fosse cessata la corruzione attuale dei costumi italiani. — Non passò gran tempo, e l'amore per l'antichità si volse in delirio: conoscerne la lingua, studiarne le opere, i monumenti e i costumi, diventò l'unica, la grande occupazione del pensiero italiano. « Si cercano in ogni angolo codic: , e s'intraprendono a tal fine lunghi e disastrosi viaggi; si confrontano fra loro, si correggono, si copiano, si spargono per ogn parte, si formano con essi magnifiche biblioteche, e queste a comune vantaggio si rendono pubbliche; si aprono cattedre per insegnare le lingue greca e latina, e in ogni città si veggono rinomatissimi professori di eloquenza invitati a gara dalle università più famose, e premiati con amplissime ricompense » (1). A misura che si propaga il moto dell'erudizione, noi vediamo scomparire l'originalità e la spontaneità proprie della Letteratura del trecento, e insieme cessare anche l'uso del volgare italiano: 1' erudizione penetra dappertutto, nella lingua, nella religione, nella poesia, nella Scienza.
   E noi cerchiamo invano il poeta od il filosofo nelle scritture originai, del Guarino. L'avvenimento al trono o la morte di un principe, un matrimonio illustre, una pubblica solennità, l'inaugurazione d'un corso di studi, gli offrivano 1 tema di una orazione o di un'epistola in versi. Ma in questi scritti, dettati in un latino che rammenta il barbaro gergo della scolastica, dove non trovi nè sentimento, nè ispirazione nei versi, nè movimento d'idee libero ed originale nella prosa, ma soltanto sforzo d'imitare modelli antichi, e quindi nient'altro che rettorica ed eru-
   (1) Tiraboschi, Letter. ital.