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Storia antica di Como

Maurizio Monti
Tipografia de' Classici Italiani, 1860, pagine 259

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   LIBRO IL f)~
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   case (i i j. Il panico, scrive Plinio, è comune «dell' Italia circumpadana, e la fava, senza la quale non il costuma a ruma nni re i cibi. Virgilio, a significare la fertilità del territorio circumpadano, attribuì al Po le corna d'oro, e chiamò pingui i campi pei quali volge la piena delle sue acque.
   In cima a tutti i beni stava la bellezza di questo italico cielo. Una lapide disotterrata a Galiano, cinque miglia da Como, ci reca il nome di un V eraciliano che toccò gli anni cento trentacinque di età. Polibio qui ammirò la moltitudine degli uomini, la loro grandezza, le belle fazioni delle membra, il coraggio in guerra. Pi ù chiaramente si spiegò Strabone: Della felicità di questi siti sono indizio, egli scrive, così la molta popolazione, come l'ampiezza e la dovizia delle città, nelle quali abitano più agiati che nel resto d'Italia i Romani. Divennero comuni i beni della vita, si alzarono pubblici edifiziij templi, bagni, terme, loggie, teatri, e alcune famiglie, come quella dei Plinii, procacciaronsi sostanze da re. Frequenti nelle lapidi nostre sJ incontrano i nomi romani, tali gli Atilii, i Calpurnii, i Ccliì, i Giulii, i Lucilii, i Pompei, i Terenzii, i Valerli: assunti dai liberti nell'essere manomessi, o dagli stessi ingenui per adulare alcun potente romano, per costume o per parentela. S'introdusse 1' usanza della toga , e la Cisalpina assunse l'appellazione di Gallia togata, raffigurando in se stessa davanti al mondo il popolo dominatore, o come canta Virgilio :
   li o marno Sj rerum d orni no s, gentemque togatam.
   Nei nomi di più terre restano le tracce indelebili della origine latina , e di questa natura si reputano Àlbaredo, Albate, Aprica, Bellagio (Bila-