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Cantava l'A. un inno di grazie al suo povero cuore, che, mentre l'anima sua alta, gentile e innocente era fatta bersaglio ai più fieri colpi della sventura, sola viveva in lui, per ridonargli il pianto. Oh! era vero ch'egli, nato per sognare e palpitare, non era stato vinto del tutto dall'avverso fato, se pur anco una volta sentiva rivivere gl' inganni noti e le illusioni, che credeva perdute.
A Silvia „ è pure un altro documento poetico della vita di Giacomo.
Era la primavera degli anni suoi, fiorente del più bel verde della speranza. La Natura, giovane come l'adolescente che la mirava, era calma, serena, fiorita. Nella solitudine de' suoi studi, nei quali spendea la miglior parte di sè, aveva udito, come scesa dal cielo ad assisterlo, un'argentina voce di donna popolana che, prossima al suo palazzo, mentre tesseva, cantava, entrando lieta e pensosa „ nella gioventù.
Giacomo l'aveva ascoltata volontieri; e idealizzandola, in quell'età fortunata, se n'era compiaciuto. Fu per lui una dolce visione momentanea, un istante di felicità vissuta, e poi nel ricordo cantata. Prima che sul prato l'erbe fossero inaridite, il 30 settembre dello stesso anno 1818 la povera Silvia aveva finito i suoi giorni, consunta da morbo implacabile. Quale più esatta immagine poteva il caso mandare a Giacomo del suo stesso destino? Ella non vide, come Lui, il fior degli anni, più fortunata almeno, perchè non fu condannata a sopravvivere alla sventura propria, per dolersene tutto il resto della vita. Ed ora una lapide marmorea fa fede ai posteri che il canto — A Silvia — fu composto a Pisa.
Bla il povero Poeta non resuscitò, se non per vedere il suo misero stato. Il 14 maggio scriveva al Yieusseux che da tre giorni soffriva di un riscaldo di