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noioso più che il Petrarca, senza stimolo di fama o di lode all'Autore; pregò l'Editore ad aver compassione del suo nome che, dopo il lavoro pedantesco sul Petrarca, ne sarebbe scapitato. Anonima l'opera l'avrebbe compilata colla stessa cura, attenzione e minutezza dell'altra. E, come tale, fu convenuto (Lett. 29 luglio 1826). Ma poi gli parve assai superiore alle sue incerte condizioni di salute e pensò di farne tutt'al più, un'edizione compendiata. In fine, riflettendo che l'integrità è un gran pregio, e il solo nome di compendio suona male, rimise queste considerazioni al giudizio dell'editore (II, 163). Così ne fu deposto il pensiero.
Oramai la sua fama era fermata; e l'Accademia de' Felsinei, derogando, per deferenza a Lui, alle sue consuetudini, lo invitò a recitare una sua composizione. Così, nella tornata accademica solenne del lunedi di Pasqua, senza essere socio, recitò al Casino dell'Accademia V Epistola a Carlo Pepoli, in presenza del Legato e del fiore della società bolognese (II, 119). Con questa peesia, Egli iniziava, a giudizio del Mestica, il suo secondo periodo poetico, nel quale ei dovea presentare una nuova lotta di sè stesso con le risorgenti illusioni dell'amore.