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cellierato in Urbino, fece vero assegnamento sull'opera del Bunsen, che se ne interessò con lo stesso zelo di prima.
Mentre stava in queste trattative, s'occupò col Brighenti di una edizione delle sue Poesie a Bologna. Avrebbe pagato all'editore 60 scudi, ricevendo in cambio cinquanta esemplari in carta distinta. Ad evitare però un secondo veto paterno, pregò l'amico di mandar le bozze ad Alberto Popoli in Recanati, accompagnandole con un avviso per lui (1, 507).
Dopo aver chiesto invano al Brighenti notizie del Giordani, questi si fece vivo, e lo presentò per iscritto al Yieusseux (I, 488), il quale lo invitò subito a collaborare nella sua Antologia (I, 433). Si scusò il Nostro per la sua salute, per le occupazioni che avea e per il pensiero con cui perseguiva un impiego. A proposito del quale, gli accadde che, a maggio, credette d'averlo ottenuto, e ne ringraziò il Cardinale Cesare Guerrieri-Gonzaga, Presidente della Congregazione del Censo. Era invece un foco fatuo ; e la nomina, seppure deliberata, non gli fu partecipata ufficialmente. Qualcuno volle attribuire tutto alla Pubblicazione, che contro l'ordinamento del Censo aveva di qùe' di redatta Monaldo; però la baronessa Bunsen, nelle memorie che dettò del marito, ripetè che unico ostacolo era stato, anche questa volta, il rifiuto del Leopardi di farsi prete.
3. — Mentre le Poesie erano a Bologna sotto i torchi, scrisse all'amico Brighenti particolari istruzioni, perch'egli curasse la correzione delle bozze; e poi aggiunse che desiderava le ultime prove di stampa, non volendo lasciare ad altri la responsabilità della correzione estrema (I, 481).
Finalmente già il libro stava per essere pubblicato, ma la Censura v'appose il veto, non permettendo che nel confronto delle parole di Bruto e Teofrasto