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5. — Finalmente, il 28 aprile, Giacomo, data la mancia a' servi, ringraziati i parenti, si mosse per Recanati. Aveva Egli finito il primo esperimento nel mondo vero, fuori di quel mondo artificiale, in mezzo a cui era vissuto a casa sua. E si potea dire che questo giovane, ingenuo e sincero, avea trovato gli uomini ed il vivere fra loro un peso superiore a quello che le sue spalle si fossero preparate a reggere. La sua educazione, i suoi studi gli avevano fatto sperare, anzi credere, che la società fosse altrimenti da quella che avea conosciuto; ed Egli se ne ritraeva collo sconforto nell'animo, colla delusione d'un tentativo fallito.
Solo dagli stranieri avea veduto apprezzare quello ch'Ei possedeva di prezioso ; cioè ingegno e studi. In Italia, i letterati, aveagli ben detto il Niebuhr, erano fuori della buona via, e si perdevano tutti dietro l'Archeologia, senz'intendersi d'altro. Unico scampo, per non naufragare, eragli stata indicata la vita prelatizia, A lui nobile, in tempi in cui i suoi pari rifuggivano dalla vita ecclesiastica, sarebbe stato facile, con quell'ingegno e quella sapienza straordinari, pervenire ai più alti onori della gerarchia. Egli si diede un'occhiata d'intorno, si consultò cogli zii, riflettè seriamente, trattandosi di decidere de agenda vita, e poi non volle sacrificare la sua indipendenza. Onde rimase inascoltato (I, 427). Solo gli restò sodisfatto il vanto di filologo, per l'incoraggiamento e le promesse ricevute dagli stranieri, dai quali sperò l'immortalità.