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Per la storia di un'anima
Biografia di Giacomo Leopardi
Ciro Annovi
S. Lapi Tipografo Editore Città di Castello, 1898, pagine 232

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   — Tali padre chiamò il figlio, gli mostrò la lettera e non lo sgridò ; anzi gli promise d'aiutarlo per aver presto il passaporto, affine di concedergli il pronto permesso di partire. L'altro, in buona fede, credette al padre. Ma, quando seppe che il passaporto era giunto, capì d'essere stato beffato e non potè rattenere uno scoppio di sdegno cho sfogò in quella lettera al Broglio, ostensibile anche a Monaldo. Questa lettera, che porta la data del 13 agosto 1819, dice che la fuga ei l'avea fissata già da un mese, e l'avea concepita fin da quando conobbe la sua condizione e i principi immutabili di suo padre, cioè da parecchi anni.
   Fu tale questa scossa pel fisico e pel morale suo, ch'Ei temette di perdere per essa la ragione. Scriveva: Se in questo momento impazzissi, io credo che la mia pazzia sarebbe di seder sempre cogli occhi attoniti, colla bocca aperta, colle mani tra le ginocchia, senza nè ridere, nè piangere, nè muovermi, altro che per forza, dal luogo dove mi trovassi „ (I, 240).
   E da questo tempo andò di male in peggio. Ebbe, è vero, qualche passeggero miglioramento. E forse in uno di questi fugaci momenti, si provò a cercare nelle promesse cristiane pace ai travagli suoi, facendo
   10 scheletro di alcuni Inni sacri. Ma lo colpì un grande indebolimento della vista, che non solo gl'impediva qualunque lettura o studio, ma perfino ogni minima contenzione del pensiero (I, 238-39). Per ciò fu obbligato a passare sei mesi passeggiando, senza mai aprir bocca o prendere un libro (I, 238); aveva già difficoltà di digestione, pesantezza di capo; sul limitare della gioventù, si trovava ad aver perduto la salute. Ma, sotto
   11 peso di tanta sventura, non piegava il capo, non si dava per vinto e lottava.