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Leonardo
Rivista d'idee

1906, pagine 390

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   la nostalgia feroce
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   sostenibile dal nostro sguardo, ma esisterà. Ciò che noi concepiamo come negazione di mobilità, di armonia, di ombra, di limite, sarà un fatto diverso dalla mobilità, dall'armonia, dall'ombra, dal limite : ma sarà un fatto esistente in sè ed indistruttibile, che non distruggerà ma continuerà i fatti a cui noi oggi l'opponiamo. Per desiderio d'antitesi e di distruzione, noi, dopo aver concepito come vita suprema, come perfezione, Dio, abbiamo immaginata e affermata l'esistenza della negazione di Dio e della perfezione : al Bene abbiamo contrapposto il male. E tuttavia nei miti come nelle teorie il Male è soltanto una conoscenza inesatta e incompleta del Bene : è un volontario allontanamento dal Bene : è la espressione di una volontà che vuol sovrapporsi a Dio e affermare l'esistenza della Morte, compendiata nel principio : ciò che e può non essere. Ma anche in questa estrinsecazione del male dal Bene, la non-esistenza, la Morte, sono affermate come possibilità non come enti. Il nostro istintivo desiderio di morte, la nostra inappagabile nostalgia trovano un appagamento fallace in una loro trasformazione puramente formale, ma Dio e l'inesistenza rimangono insuperati. Noi possiamo piangere a una affermazione di principio : ciò che è, e : oppure : ciò che è può non essere : ma non possiamo giungere a quello che solo sarebbe un fatto, una azione : ciò che e non è. Creare è trasformare : non è agire. Agire sarebbe distruggere. E noi che andiamo alla distruzione di tutto in noi, e di noi stessi, non possiamo giungere alla distruzione nè meno delle cose estranee che per caso cadano sotto i nostri sensi. Non possiamo distruggere nulla, appunto perchè non possiamo distruggere noi stessi. Quando un' individuo riesce a distruggere tutto in sè stesso, egli è Dio e sopravvive come Dio. La sua divinità immutabile è sopra di lui, ed egli deve subirla in eterno. Egli è uno schiavo di sè stesso e della sua esistenza. La sua esistenza diviene per lui la sua mancanza di libertà e la sua tirannide. Diceva Platone che i sa-